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Avverbi, Diverbi e sentimenti...

lunedì 21 maggio 2012

Emigranti


Dopo l’Unità d’Italia per chi voleva espatriare, l’obbligo del passaporto riguardava unicamente il capofamiglia, pertanto non si può sapere quante e quali  persone sono realmente andate all’estero o a lavorare in Algeria che riguarda il nostro caso.

Una parte dell’emigrazione per l’Algeria, soprattutto quella delle regioni settentrionali, vi arrivò attraverso i porti francesi.

Con una legge del 1887 i lavoratori italiani nel settore della pesca che risiedevano in Algeria furono obbligati a prendere la nazionalità francese. Tra il 1887 e il 1891   4.752 italiani (per la maggior parte pescatori) furono naturalizzati francesi.

Da Procida partirono in molti attratti anche dalle informazioni che i compaesani spedivano a casa salvo poi perdere i contatti con le famiglie di origine per il loro analfabetismo.

In più, per quanto tenaci, frustati dalla mancata conoscenza della lingua locale e per questo limitati nei rapporti con le genti del posto, costretti ad intermediari che nella migliore delle ipotesi approfittavano della lor subordinazione, vivevano nell'ambito paesano locale che se da una parte dava conforto alla loro nostalgia dall'altra li privava di dare voce alle proprie aspettative civili e sociali.

Le storie che arrivano in redazione sono quelle più disperate per il tempo trascorso e per gli avvenimenti storici che hanno sconvolto la vita di tanti di questi nostri fratelli.

Le associazioni che aiutano i più anziani sono sen'altro da apprezzare, ma tolgono al singolo la voce che dovrebbe dare sfogo ai loro sentimenti. Addolcendo la loro nostalgia li condannano a un rimpianto che neppure la poesia riesce più ad accogliere. Le storie, quasi tutte uguali, raccontano fantasmi irreperibili ad anni di distanza.

I nostri fratelli diventano il più delle volte degli estranei e chi li cerca un elemento scomodo da guardare con sospetto.

Neppure la politica riesce a rintracciarli tanto si è diluito nei discendenti il sentimento di appartenenza anche se nella mia breve esperienza ho conosciuto italiani all'estero che volevano tornare, altri che  ricordavano appena qualche parola di italiano, altri che mi guardavano con sospetto come se fossi l'uomo delle tasse o qualche connazionale scomodo.

Aspetto che spontaneamente i nostri connazionali ritrovino un motivo per riprendere la strada di casa quando l'avremo lastricata con le loro speranze.

La nostra giustizia non è quella che loro si aspettavano. Non siamo ancora cresciuti, ma al di là delle bugie che ci raccontiamo e dei misfatti che commettiamo trovo che siamo meno ipocriti di tanti altri che si chiudono nella nuova prigione della privay e ne escono solamente per motivi di sopravvivenza che comunque si assicurano.

DOPO TUTTE QUESTE ANNOTAZIONI VORREI TROVARE PERò UNA RISPOSTA DA DARE A CHI HA ANCORA SENTIMENTI DA SPENDERE anche se le nuove radici sono ormai troppo lontane fra loro e i nuovi frutti non ne hanno coscienza.

Riandare indietro nel tempo non è però impossibile, basta volerlo anche perché quelli che vivono a Procida che possono interrogare i parenti lontani in altre parti del della Terra con i quali conservano rapporti che sono andati avanti negli anni ravvivando un legame che fa ancora sangue, ancora appartenenza, ancora famiglia.

ASPETTO ALMENO UNA STORIA, UN TENTATIVO...



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