Via Napoli, se non ricordo male, prendeva origine dal Largo Fusco (‘O llargo ‘e Fusco) denominta poi Piazza Spartaco.
Quando ormai vivevo a Torino già da qualche anno l’amministrazione dell’epoca, erano gli anni sessanta, cambiò i nomi di molte strade. Non li ricordo tutti, ma la piazza antistante la stazione centrale della Vesuviana aveva un altro nome e così tante altre ancora che ancora oggi mi disorientano solamente per la ridotta frequentazione del territorio. Ho ragione di credere di essere nel vero in quanto durante la mia permanenza sul posto la percorrevo abbastanza spesso per i più svariati motivi.
Piazza Spartaco
Via Rajola
C’era anche un detto che veniva
abusato un po’ per scherzare e a volte per minacciare l’interlocutore se uno
credeva di avere la forza di farlooppure eufemisticamente parlando per
significare che una persona era ormai defunta.
Più o meno il detto era: - Si è
trasferito a via Napoli. Oppure l’hanno trasferito a via Napoli o ancora: - Te
manno a via Napoli, ecc. ecc.
Nell’attuale sede del Municipio c’era
il pastificio d’Apuzzo che sfornava una eccellente pasta presso il quale mia
madre faceva degli acquisti con la disponibilità che lo stipendio di mio padre
poteva permettere.
Nella palazzina d’epoca dei d’Apuzzo
e il professor Mannara che ci onorava della sua amicizia fraterna.
Nel palazzo ‘e ‘Ndracchinella
abitava la famiglia di un mio compagno di scuola e le zie che commerciavano in
alimentari salvo scoprire, più tardi che era il nipote del proprietario e il
padre costruiva botti per la Spagna.
Più avanti negli anni sciopriì
anche che la chiesa dopo la traversa mercantile era dedicata al santo che aveva
il mio nome e che nella zona agricola a ridosso dell’AVIS c’erano dei cugini di
mio nonno.
Quando ormai ero fuori quel
pochettino di campagna che ancora era rimasta davanti al pastifico fu subissata
di costruzioni, Villa Bocchetti aperta al traffico e lottizzata, la Ciro smise
di produrre pelati, il pastificio la pasta, ma la strada era sempre oberata di
traffico o per funerali o nei festivi in quanto il culto dei morti è molto
sentito e praticato.
Ancora oggi strada Napoli è
interessata da nuove costruzioni che soppiantano i vecchi fabbricati, ma
continua a conserva la sua aria disordinata e precaria per l’aria casereccia
che ancora trasuda dalla residua attività campagnola che resiste alle
tentazioni industriali di quelli che non amano i carciofi e le eccellenti
verdure che il terreno è capace di produrre sotto la cura accorta e sapiente
dei contadini che ancora resistono.
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