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Montebelluna (Montebełuna in veneto)
è un comune italiano di 30.851 abitanti della provincia di Treviso, in Veneto. Si tratta
di un comune sparso in quanto sede comunale è la frazione
La Pieve.
Territorio
Il territorio di Montebelluna è in gran parte
pianeggiante, con altitudini che variano dai 69 m s.l.m.,
riscontrabili a sud di San Gaetano, ai 144 m , a nord di Pederiva. Il paesaggio si
caratterizza poi per la presenza di due colline, comprendendo l'estremità
occidentale del Montello (dove si ravvisa l'altitudine massima,
343 m ) e
il più modesto Capo di Monte (o collina di Montebelluna, o ancora collina di
Mercato Vecchio, 199 m ).
Tra i due rilievi passa un corridoio naturale (lungo il quale transita la Feltrina)
che, secondo alcuni, rappresenterebbe l'alveo originale del Piave.
La zona è naturalmente povera di corsi d'acqua
ma l'approvvigionamento idrico è assicurato, sin dai tempi antichi, da un
sistema di canali artificiali derivanti dal Piave. Si tratta in
particolare del Canale del Bosco e del Canale di
Caerano, diramazioni della Brentella di Pederobba.
Clima [modifica]
Il clima è quello tipicamente continentale con
estate calde e afose per gli alti tassi di umidità. Spesso ci sono in estate
forti temporali con gradinate e occasionalmente trombe d'aria. L'inverno ha
temperature che di notte vanno di parecchi gradi sotto lo zero con forti gelate
e banchi di nebbia. Le nevicate non sono molto frequenti ma quando si
verificano, il manto nevoso raggiunge spesso alcune decine di centimetri.
Età protostorica e romana
Il toponimo è chiaramente un composto. Monte- indicherebbe la collina di Mercato Vecchio, ai piedi della quale è sorto l'abitato. Più discussa l'origine di -belluna: potrebbe essere in relazione al culto della deaBellona; o, posticipandone l'origine, si richiamerebbe alla città di Belluno che, nel X secolo, aveva espanso la propria giurisdizione fin oltre il Piavegrazie alle conquiste del vescovoGiovanni[4].
Le prime tracce di attività umana risalgono all'età della pietra e del bronzo (Paleolitico
medio). La nascita di un vero insediamento si ha però verso il IX secolo a.C. Il suo sviluppo fu favorito dalla
strategica posizione geografica all'imboccatura della valle del Piave,
collegamento tra la pianura e l'area prealpina. Con il tempo diventerà il più
importante centro del Veneto preromano. Tali informazioni ci sono
date dai numerosi rinvenimenti di aree cimiteriali presso le località di S.
Maria in Colle e Posmon. L'area
continua ad essere abitata durante il periodo romano (dallaromanizzazione del Veneto tra il II-I secolo a.C.
fino al II secolo d.C.). Montebelluna entrerà a fare parte della centuriazione
delmunicipio romano Acelum (Asolo). Non è accora
accertata come ipotesi, tantomeno quella che Montebelluna fosse un centro
residenziale (presso S. Maria in Colle) o un castra romano a difesa dei
reticolati di Asolo e Treviso.
L'età medievale
L'esistenza documentaria della pieve di
Montebelluna coincide con l'esistenza, abbondantemente documentata a partire
dal 1100, del castello
medioevale, attraverso la concessione imperiale di Ottone III a Rambaldo II, conte di Treviso e poi
divenuto feudo vescovile allorché, nel 1047 e nel 1065, Enrico IIIe Enrico IV lo confermeranno rispettivamente ai
vescovi Rotario e Volframmo.
Del castello, un presidio, affidato, come
prescrivevano gli Statuti cittadini, a due capitani in carica per sei mesi e
adeguatamente stipendiati, e a sei custodi equipaggiati e armati più o meno
sino ai denti, sul finire del Cinquecento, rimaneva solo la celebre descrizione
del Bonifacio che val la pena di riportare:
La Rocca s'innalzava nel mezzo del Castello di
Montebelluna grande e popolato assai; indi, poco discosto, erano due Gironi,
l'un detto della Cisterna, e l'altro del Capitano; perché quello ad una bella
cisterna era vicino, e in quest'altro il capitano del luogo dimorava: di dentro
s'aggirava una spaziosa strada vicina alla muraglia, che con alcune torri era
stata assai alta fabbricata: di fuori era un'ampia fossa che abbracciava il
Castello, attorno al quale era una lunga strada; poi circondavano per buon
spazio le Cerchie, che da un'altra fossa erano attorniate: e avea questo
Castello tre porte: l'una dalla Chiesa a questo Santo consacrata, di
S.Cristoforo si chiamava; l'altra era detta di sotto dal Girone; e la terza Bagnalasino. (G. Bonifacio, Istoria di Trevigi, p. 187)
Il Rinascimento
La difesa in ogni caso continuò e produsse
un'infinità di contenziosi con Treviso che prendevano la strada delle
magistrature venete. Venezia sanzionava la tradizione dell'esenzione, anche e
soprattutto per motivi politici (la fedeltà dei fedelissimi rustici contava
molto di più degli infidi ceti urbani). E poi non si trattava solo di principi
e tradizioni. Va infatti ribadito che gestire lo spazio esente del mercato sul
colle assicurava alte rendite alla comunità e sicuro prestigio agli
amministratori. Per governare la Fabrica bisognava essere eletti e quindi anche
tale funzione amministrativa rientrava nell'alveo, sia pur discutibile, della
cosiddetta democrazia diretta delle comunità rurali. Ma, contrariamente ad
altre cariche locali come quella di mariga (sorta di sindaco eletto a rotazione
tra i capi di casa dei rispettivi communi) governare la Fabrica era ambìto,
talmente ambìto da spingere all'uso di clientele diffuse e determinate dalla
rete dei rapporti di dipendenza economica. I contadini ricchi erano quasi
sempre grossi prestatori di denaro e sostanzialmente degli usurai. I più
arrembanti (i Dalla Riva, i Vendramini, i de Bettini, i Pellizzari) riuscivano
a legare a sé decine di famiglie sui cui membri indebitati essi stendevano
protezioni e procure, riscatti e ipoteche, un ombrello a larghe tese persino
morali (padrini, tutele), sino all'inevitabile e legittima acquisizione dei
patrimoni vincolati. I protagonisti di queste ascese patrimoniali erano, di
fatto, gli amministratori della fabbriceria, una decina di persone fra loro
legate da interessi economici e politici, un'alleanza sanzionata e rafforzata,
non a caso, dalle strategie matrimoniali.
Il Novecento
Come detto, la posizione di centralità dell'area
nella circolazione dei beni e delle persone continuò e si rafforzò nel
passaggio al Comune moderno di età napoleonica e austriaca. Tale ormai
consolidata vocazione sarà all'origine delle prime forme di manifattura e di
commercializzazione della calzatura, attività che, seppur presente sin dal
Medioevo, si afferma in modo deciso solo nella seconda metà dell'Ottocento (dai
dieci calzolai del 1808 si passa ai 36 degli anni trenta, ai
55 del 1873 per arrivare ai 200 di inizio
Novecento).
Il trasporto del mercato al piano (1872) e la conseguente
nascita del centro urbano segnano il passaggio alla modernità, dando alla
cittadina i suoi tratti ancora riconoscibili (le grandi piazze, gli edifici).
Montebelluna conta allora 7100 abitanti che, nel 1885, saliranno a 9008 per
superare i 10.000 nei primi anni del '900. Sempre negli anni sessanta dell'800
gli alunni iscritti all'insegnamento elementare erano 150 e saliranno a 900
all'inizio del secolo.
Nonostante l'alto tasso di emigrazione, fenomeno
ben noto in tutto il Veneto, è in questo periodo, tra la seconda metà del XIX
secolo e i primi decenni del '900, che la città vive la sua fase più intensa di
sviluppo, anche grazie all'arrivo della ferrovia (la tratta Treviso-Montebelluna
viene inaugurata il primo aprile 1884). Rimane da ricordare la delibera del 1886 per la presa stabile del canale irriguo Brentella (l'opera
verrà però realizzata solo nel 1929), la linea
ferroviaria Padova-Montebelluna del 22 luglio 1886 e nel novembre dello stesso anno la Treviso-Belluno, l'elettrificazione del 1903, l'acquedotto di San
Giacomo di Fener nel 1901, i lavori pubblici
(costruzione delle carceri nel 1884), la decisa e
imponente sistemazione della viabilità, l'istituzione della Banca Popolare (1877), la ragguardevole
espansione edilizia e l'inizio dei lavori per la tratta ferroviaria Montebelluna-Susegana nonché l'elaborazione del progetto che
porterà, ben dentro al ‘900, della tramvia elettrica.
All'inizio del secolo si insediano le prime
aziende industriali di media portata e già nel 1904 il distretto di Montebelluna occupava
il quarto posto in Provincia per potenza installata. La rapidità dello sviluppo
è peraltro confermata dal fatto che, ancora nel 1885, l'unica attività non
agricola di una certa rilevanza erano le sette filande di bozzoli che davano
lavoro a 140 donne. L'industrializzazione dei primi del '900 annovera così la
Filatura Cotonifici Trevigiani, il Cascamificio Bas (poi Filatura del Piave),
gli stabilimenti in via Piave per la produzione dei perfosfati, solfati di rame
e acido solforico, le manifatture tessili di Biadene e Pederiva, l'industria
alimentare (i pastifici di Biadene, il molino “Cerere”) e si allarga
progressivamente alla lavorazione del legno e allo sviluppo dei duecento
laboratori del calzaturiero.
Alla crescita economica si accompagnarono le
prime forme associazionistiche: in particolare la Società Popolare di Mutuo
Soccorso, fondata nel 1870 da una classe dirigente illuminata e responsabile.
Dalle iniziali e consuete finalità di assistenza a operai e artigiani, la
Società Operaia si trasformò progressivamente in un volano di civiltà e di
iniziativa culturale. Nel suo ambito si promosse l'iscrizione dei soci alla
cassa nazionale della Previdenza Sociale, l'istituzione nel 1901 di una Scuola di Disegno applicato
alle Arti e Mestieri, la promozione della Biblioteca Circolante “A. Fogazzaro”
nel 1911, la Scuola Tecnica
nel 1920. In questo contesto
va sicuramente ricordata la costituzione, nel 1897, della Società per la
costruzione e la gestione di un Teatro Sociale.
Un paese vitale dunque, come testimonia, almeno
in parte, il noto Resoconto Economico-Morale del 1909 nel quale vengono riportate con enfasi
le conseguenze dei primi insediamenti industriali e il continuo sviluppo
commerciale della città imperniato sul volano mercantile.
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