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mercoledì 24 settembre 2014

Le uova "a zuppetella" - di Delfina Ruocco

Le uova "a zuppetella" di Delfina Ruocco

   Stamane, mentre ero in ufficio, rimuginavo su cosa fare a pranzo. Avrei dovuto cucinare qualcosa soltanto per me, e un po’ mi scocciava. Avrei potuto mangiare un panino al volo, o anche saltare il pasto, ma… mi è venuta in mente una pietanza che mia madre - più elegantemente - chiamava “zuppetta di uova” e mio padre - più ruspantemente - chiamava “le uova a zuppetella”.

   In pratica un paio d’uova sbatacchiate in salsa di pomodoro nelle quali inzuppare del pane raffermo; la cucina povera di una volta, fatta con ingredienti semplici, spesso riciclando avanzi (buttarli via sarebbe stato un sacrilegio!).

   Me le preparavo e rivedevo la mia casa da bambina; la piccola cucina con la vecchia sedia di legno accanto ai fornelli sulla quale mi arrampicavo a fatica per osservare mia madre che cucinava. Lei mi passava il mestolo, chiedeva il mio indispensabile aiuto per mescolare quanto c’era sul fuoco e il piatto veniva buonissimo perché Dedè l’aveva aiutata!

   Il mio modesto pranzo è venuto buonissimo… aveva il sapore della mia infanzia e il profumo di mia madre.


Dopo la tua cronaca sono andato anche io indietro nel tempo per ritrovare nella mia memoria l'ultimo uova "a zuppetella" mangiato.

Solitamente mia madre che col matrimonio si era trasferita a Mezzapietra dove mio padre aveva posto la sua dimora e quella della sua nuova famiglia si era portata appresso anche le sue radici di figlia della campagna di Torre centrale per cui era solita cucinare alla sua maniera, con una sapienza tutta contadina che ha fatto sempre di necessità virtù utilizzando tutto fin dove era possibile.

Ero nato col col cognome Ruocco, ma ho sempre vissuto con la mentalità di un Gargiulo che era il cognome di mia madre o, ancora meglio, come un Fontana che era il cognome di mia nonna materna, nata a Resina e sposatasi non so come col marito che abitava per l'appunto a Torre centrale ed era figlio, a sua volta, di contadini con una discreta, ma piccola, fortuna in terreno da coltivare.

Gli scarti che non venivano mandati al mercato, forti dell'esperienza della crisi economica del 1929, che aveva colpito anche l'Italia, venivano utilizzati per la sopravvivenza fin dove la parte buona lo consentiva, mentre il vero scarto se si trattava di verdure veniva destinato al terreno o come alimentazione per gli animali fin dove questi lo accettavano.

Gli alimenti pregiati erano il latte che le mucche producevano, le uova, i polli o le galline che non facevano più uova e la carne di maiale fresca o conservata, i conigli quando c'erano e gli uccelli nei periodi di caccia.

Anche la pasta era un alimento prezioso per riempire lo stomaco, ma veniva cucinata soltanto di domenica. I più poveri utilizzavano per la propria alimentazione i cosiddetti "munuzzielle" che erano costituiti principalmente dalla parte della pasta messa ad asciugare appoggiata su canne.
La parte di appoggio veniva tagliata e venduta come scarto e non impacchetta e mescolata con altri tipi di pasta più piccola per utilizzarla nelle minestre di fagioli o altri legumi o nelle verdure di verza, cavolo cappuccio, cavolfiore, ecc.

Tornando alle uova, venivano utilizzate nei modi più vari. Tra questi c'era appunto quello della zuppetta
per la quale si utilizzava il sugo residuo di pomodoro avanzato nel condire la pasta.

In campagna per il condimento si faceva largo uso di strutto di maiale che veniva prodotto con la macellazione di uno o due di questi. Le parti grasse e il lardicello venivano fatte liquefare e successivamente conservate nelle vesciche o nei vasetti di creta smaltati in luoghi freschi e ventilati della casa in posizione che gli animali non potessero inquinarli ne toccarli.
Usato con parsimonia durava tutto l'anno.

Il  sugo residuo, momentaneamente accantonato in una tazza di coccio smaltato, veniva conservato per i giorni appresso e utilizzato per condimento o per l'appunto nelle giornate fredde per immergervi delle uova nel momento in cui venivano aperte una lontana dall'altra per farne delle porzioni
Nel sugo per rinfrescarne il sapore venivano aggiunti odori come il prezzemolo, il basilico o le foglie di sedano tagliate a piccoli pezzi. Queste verdure davano al sugo un profumo in più e rendevano appetitoso una pietanza apparentemente povera un piatto prelibato.

Il formaggio, quando veniva utilizzato, era il pecorino romano. Una manciata a spanna dava al piatto, per chi lo gradiva, anche la possibilità di bere un buon bicchiere di vino che era sempre e comunque di produzione paesana.


CHI HA ALTRE RICETTE E ALTRI RICORDI

SCRIVA a 

gioacchinoruocco@libero.it


Il materiale verrà pubblicato

in questo blog nell'ordine di arrivo.


Sono gradite anche immagini

delle pietanze e degli autori

con note esplicative.









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