Nelle società contemporanee, la parola “popolo” sembra più che mai rappresentare il fondamentale termine di riferimento dell’intero spettro del discorso politico-istituzionale. Nessun attore politico appare, infatti, disposto a rinunciare alla pretesa di parlare del popolo e per il popolo, giacché è proprio la volontà di quest’ultimo ad attribuire legittimità a decisioni cruciali su confini, costituzioni, regimi e politiche pubbliche. Ma chi è il “popolo” che rappresenta la fonte ultima dell’autorità politica e quali sono le forme attraverso le quali fa sentire la sua voce? Rispondere a queste domande significa addentrarsi in un campo ideologico e discorsivo complesso e polarizzato, nel quale continuano a riproporsi le aporie costitutive della «democrazia dei moderni».
Il percorso di approfondimento storiografico qui proposto contribuisce a una più accurata messa a fuoco genealogica di quell’onnipervasivo linguaggio che, da due secoli a questa parte, caratterizza i processi di organizzazione e auto-rappresentazione politica delle società occidentali. Dalle dottrine cinquecentesche del tirannicidio alle teorizzazioni illuministiche sulla rappresentanza politica, alla concezione rousseauiana della sovranità popolare, il volume analizza gli snodi cruciali della politica moderna, fino al grande laboratorio politico-costituzionale della Rivoluzione francese, assunto come luogo fondativo dell’ambivalente ideale di governo del popolo che ancora oggi domina – incontrastato – lo spazio di esperienza politica delle democrazie contemporanee.
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