- POLITICA
- DOMENICA 18 NOVEMBRE 2018
Marco Minniti si candida a segretario del PD
Lo ha detto oggi a Repubblica dopo settimane in cui lo si dava praticamente per certo
L’ex ministro dell’Interno Marco Minniti ha annunciato la sua candidatura alle primarie per il segretario del Partito Democratico, in un’intervista uscita oggi su Repubblica. Minniti, che da settimane era indicato come un possibile candidato, è così il principale sfidante del governatore del Lazio Nicola Zingaretti, che fino a ieri era strafavorito alla vittoria. Minniti è stato indicato da giornalisti ed esperti come il candidato dell’ala renziana del PD, anche se nell’intervista lui ha in parte rifiutato quest’etichetta, ricordando che in passato fu anche piuttosto critico con Matteo Renzi.
Il congresso del PD si è aperto formalmente ieri, con le dimissioni dell’attuale segretario Maurizio Martina confermate all’assemblea nazionale, e con la convocazione della Commissione che deciderà le regole del congresso. Le primarie per il nuovo segretario si terranno probabilmente nella prima metà di marzo, oppure a febbraio se si riuscirà a velocizzare il processo. A fine maggio ci saranno le elezioni europee.
Minniti ha 62 anni, è originario di Reggio Calabria e si avvicinò alla politica negli anni Ottanta, militando nel PCI. Fece poi carriera nel PDS e nei DS, come un uomo di fiducia di Massimo D’Alema, diventando deputato per la prima volta nel 2001. È stato per diverse volte sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (con D’Alema, con Giuliano Amato, con Enrico Letta e con Renzi) e soprattutto ministro dell’Interno nel governo Gentiloni, tra il 2016 e il 2018.
È stato in questi anni che si è fatto conoscere a livello nazionale, soprattutto per le dure politiche applicate sull’immigrazione, tema sul quale ha promosso una linea intransigente e che ha sempre associato alla sicurezza nazionale. Durante il suo incarico Minniti è riuscito a ridurre moltissimo gli sbarchi dalla Libia grazie ad alcuni accordi con milizie locali e il sostegno alla Guardia costiera libica, formata soprattutto da altri gruppi armati. Questi accordi hanno avuto tra le principali conseguenze la detenzione di migliaia di persone in centri dove sono state attestate ripetute violazioni dei diritti umani, e per questo Minniti è stato molto criticato dalla parte sinistra del Partito Democratico, dalle associazioni per i diritti umani e dai partiti di sinistra. Contemporaneamente, però, ha ottenenuto un vasto consenso trasversale (per mesi è stato il ministro più popolare del governo Gentiloni).
Nell’intervista a Repubblica, Minniti ha spiegato di essersi convinto da un appello in favore della sua candidatura presentato da oltre 500 sindaci del PD. Ha poi criticato la tendenza del PD a rivolgere attenzioni a se stesso perdendo di vista il paese, aggiungendo che non vuole prendere “scorciatoie” per tornare subito al governo, perché «la sconfitta del nazionalpopulismo è possibile solo se si riesce a parlare con la società italiana». Il PD, dice Minniti, non ha risposto a «due grandi sentimenti: la rabbia e la paura», ed è stato “aristocratico” perché non ha ascoltato le fasce più deboli della popolazione. Minniti ha poi parlato genericamente della necessità di un «campo ampio» che comprenda la società civile, dell’inutilità di cambiare nome al partito e ha rimandato a dopo eventuali nuove elezioni i discorsi su possibili alleanze con il Movimento 5 Stelle, senza però escluderli.
Secondo Repubblica, in ogni caso, Minniti e Zingaretti non saranno gli unici due candidati di primo piano alle primarie: ci dovrebbe essere anche Martina, come ipotizzato da molti da tempo. Ci si aspettava un suo annuncio ieri, che però non è arrivato. Una sua candidatura potrebbe inserirsi per certi versi a metà tra quella di Zingaretti – popolare nella sinistra del partito – e quella di Minniti, ottenendo il sostegno di Graziano Delrio, ex ministro dei Trasporti molto apprezzato nella base del partito, e di Matteo Orfini, presidente del PD. Alle primarie ci sono poi anche altri candidati, in realtà: Matteo Richetti, Francesco Boccia, Cesare Damiano e Dario Corallo, nessuno con vere possibilità.
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