Unioni civili scuotono il Pd
Più si avvicina l’appuntamento più si allarga il solco nel Pd: una minoranza sempre più consistente dice no alle unioni civili. Si tratta e si cerca una mediazione prima del 28 gennaio, quando il disegno di legge di Monica Cirinnà, Pd, andrà all’esame dell’aula del Senato. Matteo Renzi deve affrontare la sollevazione di gran parte dei parlamentari cattolici contro la riforma. È un triplo fronte caldo: 1) c’è la rivolta del Nuovo centrodestra di Angelino Alfano, il primo alleato di governo; 2) esiste la contestazione all’interno dello stesso Partito democratico; 3) ci sarebbero i dubbi di Sergio Mattarella.
La questione è antica: il riconoscimento ai conviventi di fatto, sia omosessuali sia eterosessuali, dei diritti di una coppia sposata (come il subentro in un contratto di affitto e la pensione di reversibilità). Uno dei punti centrali dello scontro è la cosiddetta “stepchild adoption”, una espressione inglese per indicare la possibilità di adottare il figlio biologico del compagno.
Le critiche dei vescovi italiani alla riforma fanno presa. Crescono le adesioni al Family day, la manifestazione di piazza del 30 gennaio prossimo contro il testo Cirinnà, alla quale si contrappongono analoghe iniziative delle associazioni gay (il 23 gennaio ci sarà quella dell’Arcigay). I cattolici del Nuovo centrodestra contestano il progetto e soprattutto la possibilità di adottare un bambino da parte di una coppia omosessuale. Critiche simili solleva una parte dei cattolici del Pd: il 30 gennaio parteciperanno anche loro al Family day. Giuseppe Fioroni, deputato Pd cattolico, ex Margherita-Ppi-Dc, ha annunciato: «Parteciperò al Family day. L’ho già fatto nel 2007 quando ero ministro e a maggior ragione lo faccio ora. L’etica non si prende con la tessera di partito, né con il programma di governo».
Ma anche una parte dei parlamentari laici dei democratici la pensa in modo analogo. Giuseppe Lauricella ha firmato il documento dei colleghi cattolici del partito argomentando: «Socialista, riformista e laico, sì. Scriteriato, no». Ha invitato a guardare ai contenuti evitando gli schematismi ideologici. Ha proposto di approvare il testo sull’equiparazione dei diritti stralciando il tema delle adozioni. Ha bocciato «il tentativo subdolo» di aprire la strada all’“utero in affitto”, condannata perché «è un’aberrante violenza alla natura e soprattutto alla dignità delle donne-affittuarie, sia se richiesto da una coppia etero, sia omo». I senatori democratici di matrice laica Vannino Chiti, Stefania Pezzopane e Linda Lanzillotta la pensano in modo analogo a Lauricella e ad un’altra trentina di colleghi a Palazzo Madama, dell’anima cattolica del partito.
Ma non è tutto. Anche il presidente della Repubblica Mattarella avrebbe dei dubbi sull’eccessiva equiparazione tra i diritti delle coppie sposate e quelle di fatto. Una sentenza della Consulta del 2010 precisò, a proposito del matrimonio, che la Costituzione stabilisce che i coniugi siano «persone di sesso diverso». Pino Pisicchio, presidente del Gruppo Misto della Camera, cattolico ex sinistra Dc, ha considerato «sbagliata la guerra di religione sulle unioni civili» ma ha ritenuto «giusto farsi carico delle preoccupazioni relative alla coerenza del provvedimento con la norma costituzionale già richiamata dalla sentenza della Consulta del 2010».
Il governo starebbe pensando a delle modifiche al disegno di legge Cirinnà. Tuttavia la firmataria della riforma, Monica Cirinnà, ha confermato a ‘la Repubblica’: «Non c’è alcuna equiparazione e non c’è niente da cambiare nel testo».
Il Pd ha perso “pezzi” a sinistra (Stefano Fassina, Pippo Civati, Sergio Cofferati) quando si sono votate in Parlamento le riforme economiche ed istituzionali del governo, adesso potrebbe accadere altrettanto per il voto sulle unioni civili tra i senatori e i deputati cattolici. Il presidente del Consiglio e segretario democratico deve fare attenzione sia alla tenuta del governo sia a quella del Pd. Se affondasse ogni nuova mediazione, la soluzione è già stata indicata: libertà di coscienza e di voto all’interno della coalizione di governo e “maggioranza trasversale” per approvare la riforma. Renzi punta ad una convergenza con le opposizioni: M5S, Sinistra italiana, ala laica di Forza Italia (Stefania Prestigiacomo, Mara Carfagna) insofferente verso il no di Silvio Berlusconi alle unioni civili.
Il peso del Vaticano si sente. Pacs (Patti civili di solidarietà), Dico (Diritti e doveri delle persone stabilmente conviventi), Didore (Diritti e doveri si reciprocità dei conviventi) sono tra gli astrusi acronimi, ideati e dimenticati, per proporre una riforma mai attuata. Da trent’anni si trascina senza esito il problema del riconoscimento dei diritti alle coppie di fatto. A porre per prima il problema in Parlamento fu Agata Alma Cappiello: la deputata socialista presentò una proposta di legge nel lontano 1988. Berlusconi si barcamenò quando fu a Palazzo Chigi alla guida di esecutivi di centrodestra, mentre il secondo governo di Romano Prodi, 2006-2007, presentò un disegno di legge criticato, per motivi opposti, sia dalle manifestazioni cattoliche del “Family day” sia da quelle delle associazioni gay. Poi crollò la maggioranza di centrosinistra che sosteneva Prodi e non se ne fece più niente.
I costumi di vita sono cambiati tumultuosamente e i diritti civili non si sono adeguati. Il problema è esploso negli ultimi anni: in Italia sono oltre 900 mila (dati Istat) le coppie di fatto che non vogliono o non possono sposarsi. In tutti i paesi sviluppati dell’Europa occidentale e centrale sono stati riconosciuti i matrimoni gay o le unioni civili.
L’Italia è rimasta la sola nazione, tra quelle avanzate, a non riconoscere diritti alle coppie conviventi. Disuniti sulle unioni civili. Finora tutte le maggioranze si sono sfaldate su questa riforma. Ma Renzi vuole giocare la carta della libertà di voto e della “maggioranza trasversale”, non intende mollare la presa. Punta ad affrontare e vincere la battaglia al Senato, compresa quella sugli insidiosi voti segreti. Nei giorni scorsi ha assicurato: «Sarà il voto segreto a definire le scelte. Quel che è certo è che nel giro di qualche settimana avremo finalmente una legge attesa da decenni».