Peppe Ruocco, l’uomo da due domenicali in 7 giorni: suo anche l’Explosive Sunday! “Lalino123” gli succede su People’s
Una settimana fa trionfava su People's con il suo nickname "peppono". Stavolta primeggia anche su iPoker come "P3Ru2S7": suo l'Explosive Sunday! Nel Super Sunday vince "Lalino123" con Rino Fusco terzo.
Comoda la vita, quando vinci un domenicale a settimana? Bisognerebbe chiederlo a Peppe Ruocco, forse il grinder più erudito d’Italia, che a una settimana dal ritorno al successo su People’s Poker, ha di nuovo messo il timbro anche sull’Explosive Sunday. Su People’s Poker, stavolta, vince “Lalino23”.
Peppe Ruocco viaggia al ritmo di un domenicale vinto a settimana…
Explosive Sunday
Il torneo ripartiva con 56 giocatori qualificati, con tanti nomi noti in lizza. Tra questi c’era anche quello di “P3Ru2S7“, al secolo Peppe Ruocco. L’avvocato-grinder napoletano è evidentemente in un momento di ottima forma, perché appena 7 giorni fa firmava il Super Sunday di People’s con il suo nick “peppono”. Stavolta invece Ruocco va a riscuotere sul network iPoker (Snai, Eurobete Sisal). Peppe batte in heads up “sa11ella” per aggiudicarsi i 5.213€ di prima moneta. Ecco il final table:
Super Sunday
Nel report di ieri evidenziavamo la chance di Peppe Ruocco nell’Explosive Sunday e quella di Rino Fusco alias “zuchillo88” nel Super Sunday 15.000€ garantiti di People’s Poker. Nel primo caso abbiamo azzeccato il nome del futuro vincitore, mentre con Fusco ci siamo andati solo vicini. “Zuchillo88” ha infatti chiuso al terzo posto dietro a “JUST_US” e soprattutto a “Lalino23”, autentico dominatore del final table. Infatti è lui a incassare la cifra più alta, come si può apprezzare dal payout del tavolo finale:
FLERO (Brescia): successo del “Pensaci Giacomino”, di Pirandello
5 Dicembre 2019 22:03
FLERO (Brescia): successo del “Pensaci Giacomino”, con Leo Gullotta e Sergio Mascherpa
“Pensaci Giacomino” non è certo uno spettacolo di intrattenimento, ma un testo che provoca sul piano della critica sociale: graffiando, costringe a riflettere sull’ipocrisia delle consuetudini e delle convenienze della società perbenista, che bada più alle esteriorità ed all’apparire, piuttosto che alla sostanza del saper essere.
La vicenda è arcinota: l’anziano professor Toti, scapolo da una vita, decide di sposare una giovane donna per lasciargli la reversibilità della sua pensione che diversamente andrebbe persa. Egli ci tiene a sottolineare che la giovane sarà solo giuridicamente sua moglie, ma per lui sarà solo una figlia, libera di vivere la sua vita affettiva. E guarda caso la prescelta si era già portata avanti in tal senso: infatti è già incinta quando si sposa. E lo spasimante è un certo Giacomino, senz’arte né parte. Il buon Toti adotta anche lui insieme alla creatura che presto nascerà. Ma dopo un certo periodo di vita “a quattro” Giacomino, istigato dalle critiche feroci dell’opinione pubblica che grida al pubblico scandalo, decide di non frequentare più la casa del prof. Toti, abbandonando il suo figlioletto e la giovane madre che se ne dispera amaramente. E a questo punto il professore tira fuori le unghia e con le armi del ricatto rimette le cose a posto, come da lui predisposto.
Mons. Landolina e il prof. Toti
L’infaticabile Leo Gullotta da vita ad un professor Toti non vecchio e decrepito ma rivisitato in senso quasi “giovanilistico”: egli è dinamico quanto basta, decisionista, ironico ed affronta la vita con filosofico disincanto che tenta di trasmettere ai suoi concittadini della sua “cittaduzza di provincia” dove vive. A tanta libertà di pensiero e di costume si oppone la mentalità dominante rappresentata da un eminente esponente del clero locale, monsignor Landolina, impersonato magistralmente da Sergio Mascherpa, che riesce a conferire al personaggio una più che palpabile dose di ipocrisia prelatizia, fatta di frasi ridondanti e di una mimica straordinariamente efficace, che vuol significare senza dire. Tra i due avviene un colloquio effervescente che ricorda molto il manzoniano “sopire e troncare…troncare e sopire” onde evitare che “vengan fuori cent’altri imbrogli”. Ma il vecchio Toti con cortese ironia ricusa la “saggezza” pelosa del prelato.Ben caratterizzata la coppia dei suoceri, che poi sono il bidello Cinquemani (Valerio Santi) e la consorte Marianna (Rita Abela ). La coppia risulta molto credibile sia nel rappresentare il tenore del menage coniugale sia nella morale perbenista che ostentano all’inverosimile, fino al punto di anteporla al loro affetto di genitori.
Perfettamente calata nella parte di zitella acida, Valentina Gristina, che ha impersonato Rosaria De Lisi, la arcigna sorella di Giacomino, sfoggiando una pettinatura impertinente.
Giacomino è stato interpretato da Marco Guglielmi, che ha dato il meglio della sua recitazione nel finale, dove, del resto, il copione gli dava agio di esprimersi compiutamente.
Federica Bern ha dato vita ad una Lillina appassionata e disperata più che veritiera. Liborio Natali, ha impersonato perfettamente la figura di un direttore scolastico troppo compulso nel ruolo del funzionario ligio all’approvazione della pubblica reputazione. Brava, infine, Gaia Lo Vecchio che è stata capace di calarsi nella parte delle due serve, le “criate” Rosa e Filomena, con sapiente capacità di caratterizzarne indole e atteggiamenti, nell’una petulanti e nell’altra indolenti fino a rasentare il comico.
La regia è di Fabio Grossi, che ha saputo “prosciugare” i tre ponderosi atti dello spettacolo pirandelliano originale, riducendoli in un quasi atto unico, con cambi di scena agili e fluidi dovuti all’opera della scenografa Angela Gallaro Coracci. Che è autrice anche dei costumi, inizio secolo, veramente indovinati, nelle fogge e nei colori. Più che pregevoli la talare di monsignor Landolina, con tanto di fascia frangiata e mantellina ed il completo color ruggine del professor Toti, che gli conferiva quel tocco di spigliatezza non proprio da vecchio, come il personaggio originale avrebbe prescritto.
Lo spettacolo è una coproduzione tra il Teatro Stabile di Catania e la Compagnia ENFI Teatro.
Teatro non stracolmo all’inverosimile, come la compagnia meritava, ma pubblico attento e più che caloroso, che alla fine ha tributato plausi ed applausi prolungatamente, richiedendo più e più chiamate a protagonisti e comprimari. La recensione si riferisce allo spettacolo di mercoledì 4 dicembre 2019.
4
dicembre 2019 - I titolari di bolletta
elettrica che non possiedono il televisore devono trasmettere all’Agenzia delle
Entrate la dichiarazione
sostitutiva di non detenzione: il termine ultimo per l’esonero del canone Rai è il 31 gennaio ma,
aspettando gli ultimi giorni, c’è il rischio che venga addebitata comunque la
prima rata.
È importante ricordare che visto che la prima rata per il 2020 scatta già a
partire da gennaio, per evitare l’addebito e trovarsi poi costretti a richiedere
il rimborso, è preferibile presentare la dichiarazione entro
fine anno. Meglio prima del 20 dicembre, se si
sceglie di presentarla in forma cartacea e si tengono presenti i tempi di
consegna. In alternativa alla posta tradizionale si può utilizzare il modello di
dichiarazione sostitutiva di non detenzione, disponibile
online.
Ricordiamo che anche per il 2020 si paga nella bolletta elettrica, con un
costo complessivo di 90 euro dilazionato su 10 rate
mensili (da gennaio ad ottobre).
Canone Rai, chi deve pagarlo e chi no
A doverlo pagare tutti i titolari di un’utenza per la fornitura elettrica,
visto che si presume che questi siano anche in possesso di una televisione. Ci
sono alcune categorie di persone, però, che possono non pagare il canone
Rai.
Ne sono esonerati, ad esempio, gli anziani over 75 con
un reddito annuo non superiore agli 8.000 euro e che non convivono con altri
soggetti titolari di un proprio reddito. Per rientrare in questa categoria, si
deve aver raggiunto il 75esimo anno di età entro il 31 gennaio 2020, ovvero
l’anno per il quale si richiede l’esenzione. Chi compie gli anni dal 1°
febbraio al 31 luglio, invece, potrà richiedere l’esonero soltanto per il
secondo semestre. (Qui è possibile trovare il modello di
esenzione canone per gli over 75).
Sono esenti, per effetto di convenzioni internazionali, infine, anche alcune
figure legate al mondo diplomatico o delle istituzioni internazionali (qui il modello
per l’esenzione) come: gli agenti diplomatici; i funzionari o
gli impiegati consolari; i funzionari di organizzazioni internazionali; i
militari di cittadinanza non italiana o il personale civile non residente in
Italia di cittadinanza non italiana appartenenti alle forze Nato di stanza in
Italia.
Canone Rai, come presentare la richiesta
di esenzione
Per chi rientra in uno dei casi di
esonero dal pagamento, è possibile dunque presentare la richiesta di
esenzione entro il 31 gennaio 2020 per l’intero anno, o dal
1 febbraio al 30 giugno 2020 per essere esonerati solo per il secondo semestre.
L’invio si può fare in diversi modi:
utilizzando l’applicazione web del sito
dell’Agenzia Entrate, ma bisogna prima registrarsi ed essere abilitati ai
servizi telematici; a questo punto si potrà procedere all’invio online dei
documenti;
tramite un intermediario abilitato, come i Caf
(centri di assistenza fiscale) ed i commercialisti;
inviando una lettera raccomandata senza busta,
all’indirizzo: Agenzia delle entrate – Direzione Provinciale I di Torino –
Ufficio Canone TV – Casella postale 22 – 10121 Torino. In questo caso si
dovrà allegare anche un documento di riconoscimento in corso di validità;
con una Pec munita di firma digitale del
richiedente e trasmessa alla Rai all’indirizzo:
cp22.canonetv@postacertificata.rai.it.
Via Ruocco come via Pendine-Casalanno. La strada, un tempo nota per i suoi ciliegi e poi oggetto di imponente speculazione edilizia, è stracolma di rifiuti, sversati da incivili, criminali, banditi del sacchetto selvaggio. Di telecamere, nonostante gli annunci-farlocco del Comune di Marano, nemmeno l’ombra. Le telecamere, se e quando saranno installate, saranno piazzate in via Cantarelle e non (al momento) nelle zone veramente a rischio.
Era il 30 settembre 1995 quando l'ex fabbrica di droghe e spezie Paolini e Villani veniva occupata, diventando la nuova sede del Centro Sociale Rivolta.
Una vecchia fabbrica chiusa da anni come tante nell'area di Porto Marghera. Una Porto Marghera che seguiva il declino della chimica lasciando sulla sua scia devastazione ambientale e morte.
Vecchie fabbriche e stabili abbandonati, in tutta la penisola, venivano sottratti alle speculazioni ed all'abbandono per essere trasformati in laboratori di cultura e politica. Sono centinaia in quegli anni gli spazi occupati e restituiti ad un uso sociale e collettivo.
Quell'occupazione segna per tanti la possibilità di sognare e costruire un futuro diverso per Marghera e per la nostra città.
Un quartiere, quello di allora, schiacciato tra la zona industriale con i suoi veleni e il degrado sociale di una periferia dimenticata dove un altro veleno, l'eroina, aveva distrutto la vita di centinaia di giovani.
Un' occupazione che per noi e tanti altri ha segnato la possibilità di pensare un futuro diverso per questo territorio.
Riconversione ecologica, riqualificazione, autorecupero, ambiente e qualità della vita, produzione di welfare dal basso sono stati i terreni su cui, da subito, abbiamo iniziato a sperimentarci.
Tutto questo mentre in quegli anni il movimento riprendeva respiro e scopriva la sua dimensione globale. Dal Chiapas a Seattle, da Praga fino a Genova, milioni di persone si battevano nelle piazze e nelle strade di tutto il mondo chiedendo democrazia, giustizia e libertà.
Ognuno di noi scopriva nelle lotte degli altri le proprie.
Il Rivolta rappresenta una piccola storia collettiva che ha attraversato questi momenti fino ad oggi, un'esperienza che ha intrecciato la piccola grande storia di questi movimenti e continua a farlo.