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martedì 2 gennaio 2018

La finanza confisca tutti i beni di Ruocco 26 marzo 2016



La finanza confisca tutti i beni di Ruocco
Blitz delle fiamme gialle anche al Bar Mirò. «Ma il locale è del figlio che non c’entra niente» dice l’avvocato Balestrieri
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PIOMBINO. Le auto delle fiamme gialle sono arrivate verso le 11 davanti al Bar Mirò, in via Ferrer. Fuori, una decina di finanzieri, ai quali si sono aggiunti alcuni poliziotti. Dentro, altri uomini in divisa e in borghese. Un blitz che non poteva passare inosservato, peraltro preceduto da una nota stampa in cui si spiegava cose stesse succedendo.
Tutto confiscato. Ed è successo che la polizia giudiziaria, incaricata dal tribunale su richiesta del sostituto procuratore Massimo Mannucci, ha eseguito una serie di sequestri e contestuali confische di beni mobili e immobili riferibili a Giuseppe Ruocco, 55 anni. Tra questi, appunto, anche il Bar Mirò del figlio. Ma anche la casa di via Regina Margherita e una cantina, intestate alla moglie. Poi tre scooter della coppia, più le due auto dei figli. E infine i soldi versati sul conto corrente sempre del figlio per la gestione del bar, circa 260mila euro.
Il Codice antimafia. Tutti beni che, secondo i giudici, provengono da attività illecite di Giuseppe Ruocco. Una situazione patrimoniale spropositata considerando le entrate “ufficiali”, con uno scarto calcolato in 400mila euro tra queste ultime e il patrimonio effettivo della famiglia.
Sono gli effetti del decreto legislativo 6 settembre 2011 numero 159, il Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui questa è la prima applicazione in tutta la provincia livornese. Nessun provvedimento cautelare di natura personale è stato invece disposto nei confronti di Ruocco, malgrado la richiesta esplicita del pm Mannucci.
Il passato camorrista. Per capire come si è arrivati al blitz di ieri bisogna tornare indietro nel tempo e al passato di Giuseppe Ruocco. Un passato che comincia a Napoli, dove è nato e dove negli anni Ottanta e Novanta si è macchiato di una serie di reati che vengono citati anche nell’ultima ordinanza del tribunale: furto, rapina, violenza carnale, tentato omicidio. Considerato dagli investigatori un elemento di spicco dell’omonimo clan camorrista di Mugnano, sulla base delle dichiarazioni del fratello (collaboratore di giustizia) Giuseppe Ruocco detto Peppe era stato condannato anche a venti anni dalla Corte di Assise di Napoli per aver partecipato al commando che il 18 maggio 1992 firmò la strage di Secondigliano, in cui furono uccisi Raffaele e Salvatore Prestieri, Aniello Quarto, Domenico Abate. Il 29 novembre 2013 Giuseppe Ruocco fu assolto in appello ma condannato a sette anni e quattro mesi per il tentato omicidio di Giuseppe Perruzzo (22 luglio 1992), considerato dallo stesso Ruocco come persona coinvolta nell’omicidio di sua madre.
Da Napoli a Piombino. Da anni Giuseppe Ruocco vive a Piombino con la famiglia. Ma i guai per lui non sono finiti nemmeno dopo il carcere e due anni di sorveglianza speciale.
Un anno fa fu arrestato di nuovo dalla polizia nell’ambito di un’indagine su un traffico di stupefacenti all’interno dello stabilimento ex Lucchini.
Il traffico di droga. Durante quell’inchiesta la polizia arrestò dieci persone, ne denunciò nove e sequestrò ingenti quantitativi di cocaina e hashish (in un’occasione anche venti chili). Niente però fu trovato a casa di Ruocco, come ebbe a sottolineare il suo avvocato Franco Balestrieri. Eppure, secondo la polizia (anche sulla base di intercettazioni telefoniche) c’era proprio lui dietro quel traffico. Gli agenti lo arrestarono all’alba del 26 gennaio 2015 e anche in quel caso Ruocco si distinse suo malgrado per un primato: fu il primo in tutta la provincia a indossare il bracciale elettronico. Un mese dopo, davanti al Tribunale del riesame di Firenze, il suo avvocato riuscì a far revocare quella misura. Ma l’indagine andò avanti (è tuttora aperta). E, parallelamente, scattarono gli accertamenti della guardia di finanza.
I conti della famiglia. Le fiamme gialle in questi mesi hanno passato al setaccio i conti della famiglia Ruocco dal 1997 a oggi. E i conti non tornano per circa 400mila euro. Da dove provengono quei soldi? Secondo gli investigatori, sono i proventi del traffico di droga. Secondo l’avvocato Balestrieri, in parte provengono da lasciti ereditari e in parte dall’attività di parrucchiera che la moglie di Ruocco conduce al nero. Non sono stati di quest’ultimo avviso i giudici di Livorno. Anche per quanto riguarda il bar gestito dal figlio. Il precedente proprietario, Andrea Fontanelli, compare nell’ordinanza. I finanzieri spiegano di averlo sentito nel febbraio 2015. Agli investigatori, Fontanelli avrebbe raccontato di aver ceduto il bar (nel gennaio 2013) per 80mila euro di cui 35mila consegnatigli da Giuseppe Ruocco in banconote da 50 conservate in una busta e «maleodoranti».
La difesa. La difesa contesta con forza tutti questi elementi: «Il bar è del figlio di Ruocco e non è nella disponibilità del padre nella maniera più assoluta - dice l’avvocato Balestrieri - E’ stato acquistato regolarmente a un prezzo molto basso, 45mila euro, considerando che la precedente gestione era fallita. Ed era stata pattuita una normale rateizzazione. Abbiamo tutta la documentazione che faremo valere in appello».
I giudici e i beni. Secondo il pm, Giuseppe Ruocco è tuttora una persona pericolosa per l’ordine e la sicurezza pubblica. Il tribunale però ha respinto la richiesta di misura cautelare perché è vero che Ruocco «risulta gravato da numerosi precedenti penali per svariati e gravi reati» ma «per fatti commessi in modo particolare negli anni Novanta» e inoltre «lo stesso risulta già essere stato sottoposto a una misura di prevenzione personale per la durata di due anni emessa dal tribunale di Livorno nel 1994».
I giudici invece hanno accolto la richiesta di misura patrimoniale perché tutti i beni «sono nella titolarità effettiva» del Ruocco e, considerando anche «l’indole criminale» dell’uomo «è legittimo affermare che Giuseppe Ruocco ha tratto le fonti necessarie per il sostentamento della sua famiglia e per effettuare i propri investimenti quasi esclusivamente dai proventi derivanti dalle attività criminose dallo stesso commesse».
I beni sono stati affidati a un amministratore giudiziario, l’avvocato Cristina Polimero. Compreso il bar, riaperto subito dopo il blitz.
Ecco la mappa dei beni confiscati realizzata da Confiscati Bene (dati dell'Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati )

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