È quasi buio, l’allenamento è finito. Mentre esci dagli spogliatoi ti fermi a guardare il campo di fronte a te: che sia erba o terra, non ha importanza. Quei campi che ti hanno sporcato, graffiato, segnato, e che per qualche ora sono la tua casa.
”La domenica preferisco rilassarmi” ti dice qualcuno, ”Non stiamo mai insieme” ti dice la tua ragazza, ”Meglio il calcetto” ti dicono gli amici, ”Pensa al lavoro” ti dicono i tuoi genitori, “Ancora giochi, ma chi te lo fa fare”...
Le solite frasi, tu li guardi e sorridi.
Non possono sapere cosa vuol dire il calcio per te. Non possono sapere della tensione che il sabato non ti fa dormire, delle partite da “dentro o fuori”, delle corse che ti sei fatto per non fare tardi agli allenamenti, delle multe pagate, dei rimproveri del mister.
Non possono sapere di quanta forza ti dà una pacca sulla spalla di un tuo compagno o del tuo allenatore.
Non possono sapere del menù partita perpetuo pasta al sugo o in bianco, prosciutto e grana, crostata alla marmellata, o di come trattieni il fiato quando il mister annuncia la formazione. Non possono sapere cosa si prova quando fai gol, una parata decisiva, un salvataggio sulla linea di porta o di quanta sicurezza ti dà la prima entrata in scivolata sulla palla. Non possono sapere di quando ti si chiude lo stomaco quando segna quello che ti stai marcando, dei contrasti, delle gomitate che hai preso o dei calci che hai dato.
Non possono sapere di come si barcolla alla fine di un allenamento estenuante, sotto il sole torrido di luglio o sotto la gelida pioggia di gennaio, stanco che nemmeno riesci a respirare. Non possono sapere delle tue scaramanzie, delle docce fredde, di quanto ami questo sport, di quanto sei legato ai tuoi compagni di squadra e di quanto bene gli vuoi.
Un campo, un pallone, dieci persone al tuo fianco, undici di fronte, un fischio lungo e secco. Le maglie che si mischiano...
Questa è la mia vita, loro non possono saperlo
❤❤❤
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