Facciamo una doverosa premessa: chi scrive non è tenero né col Governo Renzi, né con chi a quel Governo dà il cognome. Tutt’altro, al contrario.
L’attuale premier, giunto al potere senza consenso popolare, figlio di quello che a chiunque sia sano di mente è un tradimento politico in piena regola, e che travalica di gran lunga il senso della “realpolitik” per sconfinare in quello bieco della cattiveria politica, è un uomo indubbiamente dotato di capacità, la prima delle quali è un innato senso del marketing di se stesso. Da questa caratteristica discendono tutte le altre, tra le quali l’uomo della strada non può non osservare uno spiccato ed eccessivo senso di autoconsiderazione quasi salvifica, il concetto di essere un “primus inter pares” mandato “in terra a miracol mostrare”, giusto per scomodare il nostro compatriota dantesco.
Questo detto e premesso, lo sforzo di accelerazione ed ammodernamento di una nazione che si è saputa risollevare dalla seconda guerra mondiale solo grazie ai soldi del Piano Marshall, e che avendo ricevuto gli stessi denari della Germania e del Giappone per cinque anni oggi si trova ad anni luce di competitività da entrambe, è certamente una cosa lodevole. Qualcosa deve essere fatto, deve veramente, ed è bene che un uomo che si veste fintamente di un abito di sinistra non essendolo (avendo profondissime radici democristiane) riesca a fare cose che ad altri non sono state concesse per questioni meramente ideologiche.
Il Jobs Act, nome artatamente studiato per dare un senso di anglicismo al nostrano “riforma del mercato del lavoro” ed avere quindi un (finto) respiro internazionale, è una delle ambiziose riforme del premier. Riuscirà a svecchiare la Nazione? Riuscirà ad afferrare una ripresa che è già partita in Europa, e da cui sembriamo già esclusi vista l’assenza di crescita nel Q4 del 2014? Noi speriamo fortemente di sì, per il bene di tutti.
Vediamo i punti nodali del provvedimento, stilati da Andrea Signorelli di Polisblog, e cosa può fare per il Sistema Italia.

Il Jobs Act, punto per punto

Il contratto a tutele crescenti – Tutti i nuovi dipendenti di un’azienda saranno assunti con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, tutele che cioè cresceranno in relazione all’anzianità di servizio. L’obiettivo è quindi di fare sì che questa sia la modalità base di assunzione che vada a rimpiazzare tutti i tipi di contratti atipici. Nel Consiglio dei ministri del 20 febbraio, per esempio, sono stati aboliti i contratti a progetto. Chi ancora lavora con quella formula contrattuale verrà inserito in una "gestione transitoria", al termine della quale (o almeno così si spera) verrà assunto con la nuova forma contrattuale.
L’articolo 18 – Saranno reintegrati i lavoratori licenziati per motivi discriminatori, ma sarà possibile il reintegro anche per i licenziamenti disciplinari. Possibilità limitata solo ad alcune fattispecie e cercando di tipizzare il più possibile il funzionamento di questi reintegri, per ridurre al minimo la discrezionalità dei giudici. Per i licenziamenti economici che saranno considerati illegittimi resta invece solo l’indennizzo.
Mansioni flessibili – Sarà più semplice far passare il lavoratore da una mansione all’altra, compreso il cosiddetto demansionamento, in caso di riorganizzazione, ristrutturazione o conversione aziendale. Nel testo c’è un passaggio dedicato alla "tutela del posto di lavoro, della professionalità e delle condizioni di vita".
Riforma Aspi – Il vecchio sussidio di disoccupazione sarà rapportato a quanti contributi il lavoratore ha versato. Chi ha la "carriera contributiva" più importante avrà diritto a una maggior durata dell’Aspi, anche oltre ai 18 mesi massimi fissati fino a ora. L’Aspi sarà esteso anche ai collaboratori, almeno finché queste figure professionali non saranno definitivamente cancellate dal contratto a tutele crescenti. Per chi si troverà nelle situazione più difficili, potrebbe essere introdotto un "secondo Aspi".
Riforma Cig – Non si potrà più autorizzare la Cassa Integrazione Guadagni (Cig) in caso di cessazione definitiva di attività aziendale. Ci saranno nuovi limiti di durata sia per la cassa integrazione ordinaria (che ora è di due anni) sia per quella straordinaria (che è di quattro). L’obiettivo è di assicurare un sistema di garanzia universale per tutti i lavoratori con tutele uniformi e legate alla storia contributiva del lavoratore.
Tutela della maternità – Sarà estesa anche alle lavoratrici prive di contratto a tempo indeterminato, sarà fatto attraverso contratti di solidarietà "attivi" che dovrebbero permettere a tutti di conciliare meglio i tempi di lavoro e di vita.
Agenzia per l’occupazione - Saranno rafforzate le politiche attive per favorire il venirsi incontro di domanda e offerta con la costituzione di un'agenzia nazionale per il lavoro, che nelle speranze del governo dovrebbe funzionare come nel modello tedesco.
Anche solo da una veloce lettura, è evidente come si sia cercato di svecchiare il sistema, e bisogna meravigliarsi che nel 2015 si sia ancora a questi livelli. Non stupisce se solo la Grecia è messa peggio di noi, e non giova dire che, ad esempio, la Spagna ha pensato ad una seria riforma del mercato del lavoro solo in piena crisi e poco prima di noi. Tutte le riforme accennate snelliscono un mercato del lavoro quasi ottocentesco, e contribuiscono a proiettarci in avanti.
Solleviamo un sopracciglio solo sul tentativo di emulare (non avendone la mentalità) i tedeschi, e speriamo che la creazione dell’Agenzia per l’Occupazione non sia l’ennesimo carrozzone statale creato ad arte per parcheggiare “gli amici degli amici”.
Può tutto questo bastare per far ripartire il Sistema Italia in maniera definitiva? Evidentemente no, ma è certamente un passo nella giusta direzione, e molte di queste cose sarebbero state irrealizzabili da governi di altro colore politico, in una nazione retrograda e ancora obnubilata dall’odio politico quale è l’Italia.

Il vero traino deve essere il QE

La chiave di volta è accompagnare quanto contenuto nel Jobs Act con una riapertura parecchio migliorata del credito nei confronti delle imprese e delle famiglie. I primi due LTRO della BCE, che hanno regalato al sistema bancario europeo due trilioni di euro, sono stati utilizzati solo per due scopi: 1) ripianare i buchi delle banche 2) ottenere denaro all’1% e reinvestirlo nei titoli di Stato di nazioni con debito pubblico a ben altri tassi, realizzando un convenientissimo “carry trade” per le banche stesse.
Speriamo che il sopraggiungente QE trovi il modo di giungere a chi fa del sistema occupazione il motore della propria sopravvivenza imprenditoriale, e fornisca quella liquidità indispensabile a lavorare bene. È fuor di dubbio che condizioni del mercato del lavoro flessibili, quelli quelle che si trovano nelle nazioni anglosassoni, favoriscano ripresa e sviluppo, e la forza della Gran Bretagna e degli Stati Uniti – e la loro velocità ad uscire dalla fase più dura della crisi – ne sono un evidente esempio.
Le riforme che l’Italia sta mettendo in piedi, e gli sforzi di ammodernamento del mercato del lavoro, vanno nella giusta direzione, ma devono essere accompagnati da uno sforzo imprenditoriale e del sistema creditizio molto maggiore.

Alessandro Ruocco è un consulente di investimento indipendente. Le aree in cui è principalmente attivo sono l'asset management e l'analisi di settori e titoli azionari, ed il mercato valutario, entrambi a livello globale.