Abstract
In the past two decades strategic spatial planning has become the main form of planning used in European cities. This article deals with the characteristics, role and purpose of maps, images and representations of the city, within these new processes of urban planning. Particurarly, in strategic spatial planning processes cartography is replaced by maps and images geo-infographics and cyber-cartography, and maps, images and representations of the city are used to convey and promote the idea of the city defined and built in the plans, and with it the city itself, locally and globally.
Nei paesi dell’Unione Europea il piano strategico è oggi considerata la forma più utile e necessaria, ancorché problematica, per la progettazione di efficaci politiche e strategie di sviluppo urbane, ed è quindi divenuto il principale strumento di programmazione e pianificazione territoriale in uso nelle città.
Partendo da una breve analisi dei principali fattori che hanno determinato, nell'ultimo ventennio, la necessità di rinnovare in tutta Europa gli strumenti di pianificazione urbana, questo lavoro tenterà innanzitutto di definire contenuti, metodologie e obiettivi fondamentali dei processi di pianificazione strategica territoriale. Verranno poi sinteticamente esaminate le principali caratteristiche e finalità delle mappe, delle rappresentazioni e delle immagini della città, all'interno di tali processi. In particolare, oltre ad individuare le caratteristiche quantitative e qualitative delle rappresentazioni di città tipiche della pianificazione strategica, si tenterà soprattutto di evidenziare quanto e come esse aderiscano agli obiettivi ed alle finalità di cui questi nuovi strumenti di pianificazione si fanno portatori. Infine, è importante sottolineare come tale lavoro si basi, sia, su fonti bibliografiche, nazionali ed internazionali; sia, soprattutto, sull'analisi dei piani strategici di alcune tra le principali città europee (quali, in particolare: Barcellona, Lione, Londra, Torino e Venezia) e degli strumenti ad essi connessi (principalmente i siti web del piano e gli Urban Center), di cui pure si tratterà in seguito.
A rendere indispensabile anche in Europa il ripensamento e la riprogettazione delle forme di pianificazione urbana sono state sia le profonde trasformazioni sociali, economico-produttive ed urbanistiche che negli ultimi trent'anni hanno investito tutti i principali poli urbani europei e, più in generale, dei paesi a sviluppo maturo; sia il nuovo ruolo che contestualmente le città e le loro aree metropolitane hanno assunto nella globalizzazione.
Basterà qui ricordare, per gli effetti che hanno avuto sui contenuti, le finalità e le metodologie delle nuove forme di pianificazione, solo le principali mutazioni di carattere economico-sociale. Infatti le città europee hanno vissuto, già a partire dalla seconda metà degli anni ’70, profonde trasformazioni innanzitutto del tessuto economico [Harvey 1990, Sassen 1994, Vicari Haddock 2004]. Con il passaggio dal modello produttivo fordista a quello postfordista, le aree urbane sono state protagoniste di ampi processi di delocalizzazione e di decentramento industriale e, contemporaneamente, di terziarizzazione delle proprie economie. Ciò ha determinato la necessità per le città di ristrutturare i propri tessuti economico-produttivi e di rifunzionalizzarsi, al fine di superare la crisi ed essere all’altezza delle nuove sfide poste dalla globalizzazione; insomma di adattare le agende politiche metropolitane ai processi di ristrutturazione mondiale dell’economia. Proprio per questo la capacità di attrazione da parte delle aree urbane delle attività del terziario avanzato e professionale con un più alto contenuto di knowledge direzionale e innovativo (dalla finanza alla new economy; dai servizi alle imprese ai più avanzati servizi alla persona), è appunto una delle questioni fondamentali a cui le nuove forme di pianificazione strategica territoriale provano a dare risposta, anche attraverso la rappresentazione e l'immagine di città che costruiscono e di cui si fanno promotrici.
Parallelamente le trasformazioni economiche sono state alla base di profondi mutamenti nel volto sociale delle metropoli europee, determinando un forte aumento della frammentazione e della segmentazione delle società urbane. Infatti quello del terziario è un mondo socialmente iper pluralistico e frammentato, caratterizzato da una forte eterogeneità di condizioni economico-sociali e di interessi [Martinotti 1993, Sassen 2008a]. Tale frammentazione è poi aggravata dal crescente intensificarsi dei flussi immigratori provenienti dall’estero e, in particolare, dai paesi del cosiddetto Sud del mondo [Golini 1999, Sassen 1996], che contribuisce a rendere ancora più complesso il tessuto sociale della città postfordista e postmoderna. La frammentazione sociale e la mancanza di collanti collettivi forti, così come l’individualismo dominante e le nuove problematiche determinate da una sempre maggiore eterogeneità etnica, rendono ormai urgente la costruzione di nuovi legami e di nuove forme di coesione sociale, in grado di produrre un’idea condivisa di città e quindi strategie di sviluppo ed obiettivi altrettanto condivisi.
Infine, per comprendere a fondo i principali scopi della pianificazione strategica territoriale e, di conseguenza, le caratteristiche e le finalità delle immagini e delle rappresentazioni di città da essa prodotte, è necessario evidenziare anche il nuovo ruolo che le città hanno assunto nel contesto della globalizzazione [Brenner 1999, Huang, Leung e Shen 2007, Sassen 1994, Vicari Haddock 2004]. Le principali aree metropolitane svolgono oggi funzioni cruciali per l’economia globale, in quanto nodi di reti attraverso le quali scorrono i flussi delle transazioni economiche e delle informazioni, in particolare nei settori chiave dei servizi alle imprese e della finanza. Le città in questi anni si caratterizzano inoltre come le culle della formazione superiore, della cultura e delle arti, nonché come le incubatrici delle attività economiche di punta. Dunque, in un sistema economico in cui l’innovazione continua dei modi di produrre e dei prodotti stessi è diventata un elemento determinante e necessario alle imprese per restare competitive, le città assumono un ruolo strategico; esse sono diventate i principali centri di produzione e distribuzione di informazione, conoscenza, immagini e simboli, di cui l’economia ha sempre più bisogno. Tutto ciò ha determinato non solo la nascita di una crescente concorrenza interurbana al fine di vincere la battaglia per attrarre capitali, investimenti e risorse internazionali, ma anche la necessità sempre più impellente per le città di promuovere se stesse e la propria immagine sul piano globale. La crescente competizione tra aree metropolitane spinge le città a caratterizzarsi le une rispetto alle altre, incentivando la costruzione di proprie identità specifiche, distintive e qualificanti, e contemporaneamente comparabili e commisurabili sulla base di alcuni parametri standard, dettati dall'economia globale [Muñoz 2008, Sassen 2008b]. La costruzione di un’immagine di qualità, l’eccellenza settoriale, così come la reputazione di efficienza, sono ormai risorse simboliche di estrema importanza, da costruire ed alimentare.
E' a partire dagli anni ’80 che inizia in tutta Europa il dibattito politico-culturale sulla necessità di elaborare nuove forme di pianificazione urbana e territoriale, più adeguate a gestire le profonde mutazioni in atto. Infatti, con la crisi della modernità ed il passaggio dal modernismo al postmodernismo [Harvey 1993], anche le forme di pianificazione razionale di lungo periodo sono considerate ormai troppo rigide e dunque inadeguate ed insufficienti a gestire la rapidità delle trasformazioni in corso ed a rispondere alle mutate esigenze [Borelli 2005, Perulli 2004, Scattoni 2004]. Si ha così il passaggio da un’idea modernista di urbanistica, basata sui piani di lunga durata, razionali ed efficienti, sostenuti da un’architettura funzionale, ad un modello postmoderno di piani, flessibili, non prescrittivi e sostenuti da opere architettoniche imponenti e spettacolari.
All'interno di questa seconda categoria si colloca appunto il piano strategico territoriale; mentre esso prova a delineare e comprendere le dinamiche dello sviluppo urbano attraverso opzioni aperte e disegnando scenari futuri desiderabili ma non predeterminati, alla pianificazione urbanistica, prescrittiva e di breve periodo, resta solitamente il compito di organizzare e rendere operativamente possibili alcune di queste opzioni e progetti. Dunque la pianificazione strategica non vuole essere una riproposizione della vecchia programmazione territoriale; in realtà, essa rappresenta il passaggio da una pianificazione finalizzata a raggiungere obiettivi predeterminati ed indirizzata ad un ambito esclusivamente territoriale, ad una pianificazione di tipo processuale, finalizzata alla definizione di visioni e strategie generali di sviluppo urbano, il cui disegno e i cui obiettivi emergono attraverso il processo stesso di costruzione del piano ed il dialogo tra gli attori coinvolti.
Nel definire le principali caratteristiche dei piani strategici territoriali è importante evidenziare come, da un lato, proprio per la loro natura dinamica e processuale, essi si prestano a processi di innovazione continua, sia per quanto concerne la riflessione teorico-metodologica, sia per quanto riguarda la fase attuativa [Gibelli 1999b e 2005]; dall'altro lato, riferendosi a contesti urbani e territoriali anche molto diversi tra loro, sono fortemente eterogenei sul piano contenutistico e progettuale. Nonostante ciò, sia dagli studi sull'argomento, sia dall'analisi diretta dei piani stessi, emerge con altrettanta chiarezza una sostanziale omogeneità di obiettivi, finalità e metodologie all'interno della pianificazione strategica europea.
Infatti lo scopo principale della pianificazione strategica è sostanzialmente duplice. Da un lato, essa si propone di rispondere agli imperativi strutturali posti oggi alle metropoli dai processi di ristrutturazione dell’economia globale e di vincere in tal modo la competizione interurbana. Il piano strategico, rispetto agli altri strumenti di regolazione territoriale ed urbanistica, cerca di individuare i punti di forza e i punti di debolezza di una città, le risorse non ancora o non sufficientemente valorizzate e gli eventuali rischi esistenti o determinabili - l'analisi
SWOT -; sulla base di ciò, cerca poi di definire strategie possibili, azioni auspicabili ed opzioni aperte, piuttosto che fissare obiettivi certi e delineare un futuro prestabilito; non è dunque un corpo unitario di concetti e procedure, ma piuttosto un campo di esperimenti e di sperimentazione.
Dall’altro lato, si propone di costruire coalizioni ampie, in cui una pluralità di soggetti politici, economici, sociali e culturali, riesca a coordinarsi e a cooperare, per raggiungere obiettivi comuni, rilevanti per l’intera città. Attraverso la costituzione di ambiti permanenti di discussione e confronto - spesso veri e propri Forum deliberativi [Perulli 2004] - tra soggetti pubblici e privati, istituzionali e non, sociali, economici e culturali, la pianificazione strategica prova a costruire consenso e legittimazione intorno all’idea di città che si propone di promuovere. Essa è dunque anche uno strumento di creazione e sperimentazione di nuovi modelli di governance urbana [Le Galès 2006, Perulli 2004] che, in contesti metropolitani ormai socialmente ed economicamente frammentati, hanno provato a far convergere e cooperare interessi diversi, nonché a costruire un’immagine della “città come attore collettivo” [Borelli 2005b].
In estrema sintesi, riprendendo un'efficace definizione di Maria Cristina Gibelli, possiamo affermare che il piano strategico è e vuole essere un «progetto della città per la città» [Gibelli 2005].
Da ultimo, va ricordato come tale forma di pianificazione nasce negli Stati Uniti in ambiente aziendale, e solo negli anni ‘80 viene trasferita e sperimentata in ambiti urbani e territoriali da studiosi di
planning legati a una tradizione di consulenza alle imprese e alle amministrazioni [Bryson 1989, Perulli 2004].
Il piano di S. Francisco del 1984 per esempio, il primo e il più famoso della prima generazione di piani strategici negli Stati Uniti degli anni ’80, conserva molti segni dell’origine aziendalistica (e non a caso viene definito un accordo tra municipalità e comunità d’affari). La metodologia è quella tipica della strumentazione aziendale: analisi condotta tra i principali stakeholders(portatori di interessi), costruzione di scenari, definizione di una vision, implementazione, retroazione e valutazione. Tuttavia la semplice traduzione degli schemi del piano aziendale al piano urbano e territoriale porta con sé problemi e rischi. I principali sono, da un lato, quello di pensare alla città come ad un’impresa, riducendo drasticamente la complessità urbana; si sovrappongono per esempio gli attori urbani con gli stakeholders (figure aziendali portatrici di interessi) e si immagina che la città possa avere obiettivi e strategie esattamente come un’impresa economica. Dall’altro lato, si costruisce una visione aziendale delle dinamiche urbane, immaginando per esempio che il sindaco equivalga al presidente/amministratore delegato, gli assessori e i dirigenti comunali ai managers, i cittadini agli azionisti e le imprese e gli operatori economici ai portatori di interessi, liberi di lasciare la città qualora insoddisfatti delle scelte dell’amministrazione.
La reazione a questa impostazione aziendalistica in Europa c'è stata. Infatti nelle principali esperienze europee (quali, per esempio: Barcellona, Berlino, Lione, Londra, Torino e Venezia) la città viene intesa ed analizzata come corpo complesso, in cui gli attori sociali hanno un ruolo di progettazione, di negoziazione e di costruzione di azioni e di identità collettive, che va oltre gli schemi aziendalistici. Tuttavia, è altresì innegabile l'evidenza di tale origine aziendalistica negli obiettivi di competitività e nelle immagini e rappresentazioni della città contenute nei piani che di questi obiettivi si fanno, come vedremo, portatrici.
E' a partire dalle principali caratteristiche e finalità dei processi di pianificazione strategica che vanno analizzati caratteristiche, ruolo e finalità di mappe, rappresentazioni e immagini della città da essi originati. Da un punto di vista quantitativo, è necessario sottolineare come le mappe e le rappresentazioni della città contenute all'interno dei piano strategici siano in numero estremamente
limitato, rispetto per esempio al numero di rappresentazioni cartografiche presenti nei “vecchi” piani urbanistici. Allo stesso modo, sempre dal punto di vista quantitativo, va evidenziato come invece i processi di pianificazione strategica producano una quantità notevole di mappe, rappresentazioni ed immagini della città in senso lato, attraverso strumenti diversi da quelli del “prodotto piano strategico”, ma altrettanto fondamentali per il funzionamento del processo stesso; si pensi, in particolare, ai siti web della pianificazione ed agli spazi, reali e virtuali, degli
Urban Center . Per quanto riguarda i portali web, in tutti i casi esaminati essi sono, non solo, strumenti fondamentali di informazione per i cittadini, in cui per esempio è possibile reperire tutta la documentazione relativa al piano, così come tutte le discussioni e gli atti prodotti dai forum deliberativi e dalle commissioni tematiche, e gli appuntamenti e le iniziative in programma; ma anche strumenti fondamentali di promozione dell'idea di città contenuta nel piano stesso e di costruzione di immaginario intorno ad essa, attraverso rappresentazioni ed immagini di carattere eterogeneo (dai
banners alle mappe interattive). Per quanto riguarda invece gli
Urban Center, bisogna specificare che essi occupano sì uno spazio fisico, quasi sempre situato nel cuore della città storica, in edifici ad alto valore storico, culturale e simbolico, ma anche uno spazio virtuale attraverso propri portali web, che svolgono un ruolo molto simile ed altrettanto rilevante dei siti ufficiali del piano. Per ciò che concerne le loro finalità, seppur con accenti diversi a seconda delle esperienze, esse si possono così sintetizzare: migliorare le politiche di pianificazione urbana e la consapevolezza di esse da parte di cittadini, associazioni ed imprese, attraverso l'elaborazione di materiali ed iniziative a carattere informativo (
depliants, esposizioni e mostre, pubblicazioni, sito) e formativo (seminari, conferenze, dibattiti), nonché la costituzione di esperienze ed esperimenti di progettazione partecipata [Restuccia 2008]. Infatti, sempre più gli
Urban Center acquistano protagonismo nella promozione e nella costruzione di laboratori partecipati sulle trasformazioni urbane previste dalla pianificazione stessa, strategica ed urbanistica [Restuccia 2008]. Essi svolgono un ruolo importante nella costruzione, divulgazione e promozione dell'idea di città e di sviluppo di cui i piani si fanno portatori, e quindi nella costruzione, divulgazione e promozione delle rappresentazioni e delle immagini che compongono, definiscono e sostengono tale idea di città e di sviluppo urbano.
Dal punto di vista qualitativo, cioè della tipologia e delle caratteristiche di mappe, rappresentazioni ed immagini della città nei processi di pianificazione strategica, bisogna sottolineare come anche all'interno del piano stesso non sia quasi più presente - se non in misura molto ridotta e marginale - la cartografia tecnica come classicamente intesa. Le rappresentazioni di carattere cartografico non hanno più, quale caratteristica principale, fondamentale ed irrinunciabile, quella di essere costruite sulla base di una scala spaziale e di rispettare il rapporto di scala e i principi di equidistanza,
equivalenza ed isogonia o conformità, tipici della carta. Mentre nei piani dell'urbanistica modernista (i PRG – Piani Regolatori Generali) le carte erano funzionali all'elaborazione ed all'attuazione dei progetti di piano, e quindi alla trasformazione materiale ed operativa della città, di fronte alle finalità ed agli obiettivi della pianificazione strategica la “vecchia” carta non risulta né utile né efficace. Come si vedrà meglio di seguito, le rappresentazioni della città all'interno delle nuove forme di pianificazione urbana rispondono non più e non prioritariamente ai principi matematici della cartografia in scala, ma innanzitutto a criteri estetici e di efficacia comunicativa dell'idea di città (delle sue caratteristiche, specificità e peculiarità) che il processo di pianificazione intende costruire e promuovere.
Quali sono dunque le tipologie di mappe, rappresentazioni ed immagini utilizzate? All'interno dei piani si utilizzano sostanzialmente mappe tematiche ed immagini infografiche o geo-infografiche. Per quanto riguarda le mappe tematiche, esse sono legate alle questioni strategiche trattate nel piano, che generalmente aderiscono a cinque macro-temi: il tema delle gerarchie interurbane, soprattutto sul piano europeo (vedi
Figura 1.1 e
Figura 1.2), il tema dell'ambiente e della sostenibilità (vedi
Figura 1.3,
Figura 1.4 e
Figura 1.5) il tema della mobilità (
Figura 1.6,
Figura 1.7, e
Figura 1.8), il tema delle attività economiche di punta (vedi
Figura 1.9) ed il tema della cultura (vedi
Figura 1.10).
Molte mappe tematiche sono appunto di natura infografica, o meglio, geo-infografica. Più precisamente, per quanto riguarda le immagini geo-infografiche prima di tutto è necessario definire che si tratta di immagini che non sono né testo, né carta geografica, poiché, da un lato, sono immagini geografiche in quanto rappresentazioni di spazi; tuttavia, il più delle volte non utilizzano una scala scientificamente calcolata ma di approssimazione e similitudine, mentre puntano sull'impiego di elementi grafici e di testo. Si tratta quindi di elaborazioni di natura ibrida ed eterogenea, caratterizzate dalla sovrapposizione di più piani: quello testuale, quello cartografico e, a volte, quello fotografico.
Ai fini di questo lavoro, è interessante ricordare come Roger Brunet definisca questo tipo di rappresentazioni "la carta per comunicare che utilizzano i giornali o i documenti di urbanistica" che "non è realizzata secondo le stesse regole; introduce le sue prospettive" [Brunet 2003]. All'interno di questa affermazione ci sembra fondamentale, innanzitutto, il fatto che Brunet evidenzi la finalità principalmente -se non esclusivamente- comunicativa di questo tipo di immagini che abbiamo qui definito come geo-infografiche, ed in secondo luogo, il fatto che le rappresentazioni tipiche della pianificazione territoriale vengano proprio per questo motivo poste in relazione diretta con quelle utilizzate dalla comunicazione giornalistica.
Anche in questo caso, le rappresentazioni sono legate ai temi di natura strategica indicati e trattati nel piano e la figura geografica fondamentale è quella della rete (dei trasporti, informatica, relazionale, economica, ecc..) e quindi dei nodi della rete stessa.
Per quanto riguarda la cybercartografia e quindi le mappe interattive, va evidenziato come essa cambi il paradigma di comunicazione che in precedenza aveva caratterizzato la cartografia; infatti, grazie ai nuovi strumenti tecnologici quali lo zoom, le animazioni, l'inserimento e lo spostamento di oggetti, la fruizione delle mappe elettroniche è solitamente molto dinamica ed interattiva. Dunque, con la cybercartografia si passa dal considerare l'utente della mappa come un semplice lettore del messaggio del cartografo, al considerarlo invece attore attivo nella costruzione dell'informazione geografica [Pulsifier e Taylor 2005]. Proprio per questo motivo, la cybercartografia e le mappe interattive sono diventate uno strumento importante all'interno e per lo sviluppo dei processi partecipativi della pianificazione strategica. Inoltre, se si considera che già nel 2003 la stima sulla quantità di mappe circolanti quotidianamente in rete era pari a 200 milioni [Peterson 2003], si può avere un'idea delle dimensioni del fenomeno, che peraltro è in continua crescita.
Ad ogni modo, anche in questi casi si tratta di mappe, rappresentazioni ed immagini che riproducono alcuni aspetti fondamentali dei temi strategici contenuti nel piano, nonché i progetti e l'idea di città di cui esso si fa portatore e promotore, e che lo fanno dando priorità a criteri di carattere estetico e di efficacia comunicativa.
E' importante sottolineare come i concetti chiave generalmente comunicati attraverso tutta questa pluralità di rappresentazioni, e che quindi tramite il processo di pianificazione si tenta di legare all'immagine della città, siano quelli cari all'economia globale ed alle sue esigenze [Muñoz 2008, Sassen 2008b] quali: il concetto di competitività, quello di dinamicità, di proiezione verso il futuro, di efficienza, di qualità urbana ed ambientale, di sicurezza, di vivacità culturale, di centralità all'interno delle reti materiali e virtuali, locali ed internazionali.
Parlando infine delle finalità e del ruolo di mappe, rappresentazioni ed immagini della città all'interno delle nuove forme di pianificazione urbana in Europa, si può affermare che, a differenza del passato, esse diventano uno degli strumenti fondamentali con cui il processo di pianificazione – molto più che il piano stesso – costruisce, comunica e promuove, nell'immaginario collettivo, l'idea di città e le strategie di sviluppo di cui è portatore.
In questo senso hanno almeno un triplice obiettivo: in primo luogo, quello di comunicare all'esterno, a livello locale come a livello globale, il progetto di città e la vision strategica del piano; in secondo luogo, quello di evidenziare e promuovere, soprattutto a livello globale, le caratteristiche specifiche che si è scelto di valorizzare e gli elementi della città considerati più attrattivi, con lo scopo di vincere la competizione interurbana; ed infine, quello di costruire consenso sull'idea di città e le strategie di sviluppo proposte e promosse.
All'interno di questo quadro è evidente come le rappresentazioni e le immagini della città nei processi di pianificazione strategica e, più in generale, nel contesto contemporaneo, giochino un ruolo determinante, sia al fine di attrarre risorse e capitale privato, locale ed internazionale, necessari alla crescita ed all'attuazione dei progetti di piano; sia al fine di costruire un consenso diffuso sulle scelte strategiche per il futuro. Infatti va altresì considerato il lato “performativo” delle rappresentazioni del territorio, e dunque la loro capacità di suscitare azioni e reazioni, anche sul piano politico ed economico, oltre che sociale e culturale, come nel celebre caso della
“banana blu” e del suo successo mediatico [Brunet 2003, Coppola 2003].
Per tutti questi motivi, si può arrivare ad affermare come F. Muñoz [Muñoz 2008] che le immagini diventano oggi il «primer factor de la producción de ciutad», e quindi conditio sine qua non delle trasformazioni urbane, in quanto indispensabili per l'afflusso dei capitali, così come per la costruzione del consenso necessari.
In conclusione, da questa analisi sembra emergere con sufficiente chiarezza come le mappe, le rappresentazioni e le immagini della città all'interno dei nuovi processi di pianificazione, tendano ad ibridarsi con l'immagine pubblicitaria, sia nelle forme che nelle finalità. Infatti, l'immagine della città tende a diventare uno spot che reclamizza gli elementi, le caratteristiche specifiche e le peculiarità - a livello di stile di vita come di tessuto urbano - a cui la città vuole essere associata e attraverso cui vuole cercare -o quantomeno sembrare- di essere vincente, all'interno della competizione interurbana globale.
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