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Prefazone
di PF. Listri a Piccolo Seme Nero di Marcellina Ruocco ed.
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MARCELLINA FUORI DALL’EDEN
Queste ricche pagine sono
un lungo monologo di donna, sono pagine infinitamente intransigenti ma anche
tenere nel proporre una serie di epifanie della memoria, insieme ricercata e
ulcerante. Sono dunque appunti di una vita dove tutto appare sospeso e a momenti
onirico, ma tutto è anche limpidamente preciso nel rammentare dinieghi allegrie
e delusioni. Tutto è struggentemente soggettivo, ma anche aperto quasi che da
un’altrove arrivi un segno di comprensione e di solidarietà. Se un senso –
come ogni libro che dice il vero – queste pagine portano con sé è quello di un
doloroso stupore di non essere amati; il femminile sta in una vita che sembra
essersi compiuta fra due grandi amori. La memoria è precisa: stanze, fiori,
voci, figure, ma recuperate fra partecipazione e inappartenenza; con quel raro
atroce fiabesco che è proprio di una verità passata e recuperata. Sembra
quasi che la dimensione frammentata e onirica della scrittura sia scelta per
evitare un giudizio definitivo sul passato. E anche una dimensione che consente
la rara aureola di una possibile poesia. Se il contenuto, s’è detto, è la
propria delusa infanzia, una madre inaccettata e poi recuperata nel ricordo, uno
o due amori grandi e infelici, lo stile è quello di una scrittura stenografica e
paratattica. Una serie di tasselli che formano un coerente arazzo. La forma è
ora di prosa narrativa, ora di versi (forse i meno convincenti dell’insieme) ora
addirittura di dialogo o monologo teatrale. Forse l’autrice, che è una notevole
attrice, vorrebbe ma sa che tutto questo sarebbe rischioso e difficile da
recitare sul palcoscenico. Un tema, o meglio un’epifania, ritorna
costantemente e resta nella memoria del lettore: quella del giardino. Ogni
scrittore del resto racconta il proprio esilio dal suo Eden.
Pier
Francesco
Listri
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