mercoledì 10 marzo 2010 - Commenti (0)
A chi non è capitato, fermandosi a chiacchierare all'ingresso del nostro oratorio, di guardare la stele di don Alfonso Ruocco e chiedersi chi fosse quel sacerdote dagli occhiali squadrati; tante le supposizioni ma nessuna notizia "certa". Così ci siamo rivolti a chi ha visto nascere il nostro oratorio e, possiamo considerarla a tutti gli effetti la nostra memoria storica: don Antonio Gentile.
Un giovane alcuni giorni fa, davanti alla stele di don Alfonso Ruocco, fa la domanda: Chi è don Alfonso Ruocco. Perché questa stele?
La stele l'ha voluta don Pasquale Liberatore, che aveva scelto don Alfonso Ruocco come suo Vicario Ispettoriale. La comunità educativa di Santeramo ha condiviso la scelta fatta da don Liberatore.
Chi era don Alfonso Ruocco? Come mai questa stele a Santeramo?
Don Alfonso Ruocco, originario della Lucania e precisamente di Rionero in Vulture aveva frequentato la nostra scuola di Venosa e lì aveva maturato la vocazione salesiana e lì si era avviato agli studi per realizzare anche l'altro desiderio di diventare sacerdote. Da Venosa passava al noviziato di Portici e dopo un anno era salesiano, iniziando gli studi liceali a Torre Annunziata e continuandoli come studi filosofici all'Ateneo di Torino-Rebaudengo. Dopo il tirocinio a Torre Annunziata, ritornava per gli studi di teologia al nostro Ateneo di Torino-Crocetta.
Ordinato sacerdote a Pompei il 1960 (quest'anno avrebbe festeggiato il 50mo di sacerdozio), veniva inviato dapprima a Gallipoli e poi a Cisternino tra gli aspiranti salesiani al sacerdozio. Ma trasferendosi il ginnasio da Cisternino a Santeramo il settembre 1966 veniva chiamato all'ispettorato come delegato della Pastorale Giovanile. Dopo appena due anni, era inviato a Foggia ad aprire la casa di Foggia dove rimase solo due anni come primo direttore-parroco. Don Liberatore nel settembre 1970 da Santeramo veniva inviato direttore allo studentato teologico di Messina e don Alfonso Ruocco veniva a sostituire don Liberatore a Santeramo. Dopo aver partecipato come delegato della nostra Ispettoria al Capitolo Generale del 1972, gli veniva affidato l'incarico di Vicario Ispettoriale accanto a don Liberatore appena eletto Ispettore della nostra Ispettoria Meridionale. Ma un male che covava da molto tempo gli stroncò la vita dopo due anni e mezzo di questo incarico.
Immenso fu lo sgomento di tutta la Ispettoria per questa grande perdita. Lo stesso don Liberatore ne rimase sconvolto, lui che aveva sognato con don Ruocco un tandem felicissimo ed innovativo con l'equilibrio di cui i due (Ispettore e Vicario) erano capaci. Allora don Liberatore volle che Santeramo con questa stele conservasse memoria del passaggio di don Ruocco.
Scrivendo da Foggia alla sua sorella diceva:
«... ti devo annunziare che sono stato trasferito dall'ubbidienza alla casa di Santeramo. E' stata una cosa rapida e improvvisa: nulla faceva prevedere un simile cambiamento. A me certo dispiace allontanarmi da un'Opera iniziata con tanti sacrifici. La casa in cui mi recherò è nuova, tra le più belle dell'Ispettoria, destinata agli aspiranti salesiani al sacerdozio. La scelta è caduta su di me forse perché precedentemente ho lavorato in questo ambiente. Mi rimetto alla decisione dei Superiori, sicuro di compiere la volontà di Dio».(settembre 1970)
Quale la personalità maturata da don Alfonso Ruocco per suscitare tanto cordoglio alla sua morte prematura, a soli 41 anni di età?
L'equilibrio fu alla base della ammirazione di tutta la Ispettoria. Maturità che volle dire cordialità e rispetto verso tutti. Per questo era amato e rispettato. Lui, pieno di vitalità giovanile, sempre dinamico e riflessivo. Amante del dialogo e capace di decisione, condivideva gioia e dolore, sapendo donare il tempo ad ogni persona e ad ogni avvenimento. Aveva il gusto della sorpresa, curando le piccole attenzioni, sempre ilare e di buon umorismo. Qualcuno guardando a lui, diceva: il salesiano è fatto così.
Don Alfonso Ruocco, come don Nicola Palmisano e prima di don Nicola Palmisano ha segnato un'epoca e un cammino.
Ecco un suo pensiero, offerto ad un'anima da lui diretta: "Ecco quanto ritengo di doverLe dire dopo aver molto riflettutoe pregato. Bisogna partire in due per avere maggiore sicurezza, lei e Dio, stretti stretti, mano nella mano e ... in ogni azione sentirà la forza della sua mano che delicatamente porta il peso più grande".
Don Antonio Gentile
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