“I sogni a volte mi
facevano volare come un missile, che brucia nel tragitto e ricade in una
pioggia di scintille colorate, come i fuochi d’artificio di quando ero bambino,
oppure i bagliori di quella boxe, che mi faceva avere meno paura…”.
Nel fraseggio senza confini di Salvatore Ruocco si
nasconde tutta la potenza di un uomo che più che interpretare ruoli, li rende
carne. Metamorfosi di un vero combattente. Un manifesto dalla testa ai piedi,
scritto “quando sputavo sangue durante i match clandestini. Ho trovato il
coraggio di leggere queste parole solo quando sono diventato attore”.
Cresciuto a Miano (“il
quartiere più malfamato di Napoli, più pericoloso di Secondigliano e Scampìa,
perché al centro del fuoco”), Salvatore (Sal) sette anni fa era nell’attesa di
conoscere il suo destino; oggi, ogni suo film da interprete (da Là-bas di Guido Lombardi a Napoli Napoli Napoli di Abel
Ferrara, da Gomorra di
Matteo Garrone a L’intervallo di
Leonardo Di Costanzo) è un’autentica benedizione e tocca festival internazionali
come il Festival des Films du Monde de Montréal. Poi ci sono la Mostra d’Arte
Cinematografica di Venezia e i riconoscimenti per “Ciro”, cortometreggio di
Sergio Panariello, ambientato a Scampìa, che ha vinto il Premio speciale della
giuria ai Nastri d’Argento 2013. Verità, umiltà, coraggio regnano in Salvatore.
Ho grande passione per
la boxe e i pugili. Mi sono sempre sembrati degli angeli, dei protettori. Che
sapore ha il tuo sangue?E’ dolce, ma durante i match io lo facevo diventare amaro.
Ho tatuato Ali sulla
spalla: rappresenta la pace, la serenità, l’essere forti sul ring e non. Il mio
sogno era quello di vincere qualcosa di importante, ma non ce l’ho fatta. La
mia vera boxe è diventata la strada con gli incontri clandestini.
Poi la svolta: il cinema.
Sì, un mattino, proprio
mentre tornavo a casa dopo un incontro dal quale uscivo ridotto male: il corpo
aveva vinto, ma la mia anima aveva perso. Quel giorno mi sono imbattuto in una
locandina che proponeva corsi di recitazione a cura di Renato Carpentieri. Ho
cominciato a frequentare i laboratori e ho incontrato anche tanti borghesi che
provenivano da quartieri ricchi di Napoli. Mi guardavano come se fossi “lo
straniero”, non mi accettavano perché ero il solo ad essere di casa, del
ghetto. Me ne volevo andare, mi sentivo scomodo. La forza me l’ha data
un’insegnante di recitazione e un’ottima attrice, Patrizia De Martino. Mi
spronò a continuare.
Tant’è vero che ora tu
porti pace, e bene, alle opere che tocchi.
Così dicono. In questo
momento Il ragioniere della mafia di
Federico Rizzo è a Montréal. Sarà in distribuzione nelle sale cinematografiche,
dal prossimo 3 settembre. Recito, da non protagonista, accanto agli attori
Lorenzo Flaherty, Nando Irene, Ernesto Mayeux e Ciro Petrone. In attesa che sia
selezionato da qualche festival, a Natale dovrebbe uscire Take five di Guido Lombardi, con cui
ho già lavorato per Là-bas.
Con Guido è sempre un lavoro intenso, psicologico. Da metodo Stanislavkij. Lo
considero un fratello. Per Take five ho
perso 7 chili e mi sono rasato a zero.
In Gomorra hai due scene importanti.
Che ricordo hai di Matteo Garrone?Un maestro. Siamo anche amici, e il suo modo
di fare cinema è immenso.
E di Leonardo Di
Costanzo (L’intervallo)?Leonardo è Leonardo. Io
sapevo che L’intervallo avrebbe
sbancato. I due ragazzini protagonisti sono stati dei grandi, sin dai
laboratori che abbiamo fatto in preparazione al film. Il mio è un ruolo
piuttosto duro, ma anche stratificato. E’ più difficile interpretare personaggi
“cattivi”. Però stanno arrivando anche quelli “buoni”: interpreterò un dottore
a Matera per la regia di Amila Aliani, il nonno di Abel Ferrara, un pugile
in Take five con un
finale che farà rabbrividire…
Quando hai visto le
scarpe consumate di Ferrara, che cosa hai pensato?Sul set sembravamo
davvero Totò e Peppino a Milano. C’è stato uno scambio continuo di umanità ed
esperienza. Per Abel’s Grandfather,
prima di me era stato scelto Riccardo Scamarcio, poi hanno cambiato idea.
Quello che giriamo insieme è un docufilm sulla storia del nonno del regista,
che è emigrato da Sarno in California. Terra promessa: ha fatto una fortuna con
i vitigni.
Ti affascinano di più i
personaggi positivi o quelli negativi, ammesso esistano?Io sono un attore e il
personaggio mi deve colpire. Come dico sempre, il mio scopo è studiare,
studiare sodo. Con la lingua inglese sono già a buon punto e sogno di lavorare
in America, ma non solo. Comunque con umiltà e piedi ben piantati a terra. Mia
madre dice che per lei sarò un attore riconosciuto solo quando mi vedrà nel
cast di Un posto al sole.
Per carità, una trasmissione tv di tutto rispetto, ma non so se mi ci sento
tagliato.
Stai scrivendo anche
qualcosa di tuo?Un giorno vorrei fare un film ispirato alla mia vita. Non per
narcisismo. Solo per dare forza a quelli che si trovano nello stato in come mi
trovavo io.
Parteciperà anche il
tuo gatto-tigre?
Certo, William. William
Shakespeare, si chiama. E’ con me da 5 anni.
Hai già un titolo per
il tuo film?Il sapore del sangue. Sai perché lo vorrei chiamare così? Perché
ad ogni incontro di pugilato, mentre i balordi scommettevano sul mio corpo come
se fosse carcassa da macello, mi scivolava sempre una goccia di sangue
dall’occhio. Non appena scendeva in bocca, io l’assaggiavo e mi accorgevo che
non era sudore. Prendevo coscienza di quello che facevo, del luogo in cui mi
trovavo.
Hai preso atto di che
cosa sta accadendo nella tua vita?
Quello che succede non
piomba mai a caso. Dall’Alto c’è qualcuno.
Sei credente?
In certe cose sì.
Quando ero un pugile, vedevo gli angeli danzare sul ring con me, ma per
l’ultimo match, quello clandestino, non c’erano più. Scomparsi. Sono stato
abbandonato pure da loro, era un segno: dovevo cambiare.
Mi affascina questo tuo
dialogo con gli angeli e i diavoli sul ring.I diavoli avevano scacciato gli angeli.
Nella mia vita, sono successe delle cose che raddrizzerebbero i peli di un
cavallo.
Il tuo corpo che cosa
rappresenta per te?Rappresenta la forza, il rispetto per me stesso. Non ho mai
risposto ad una domanda così…
Porti amuleti o
catenine? Qualcosa di sacro al collo?Porto una coroncina di legno. Se ci fai caso,
si vede in ogni film.
Tra i tanti maestri con
i quali hai lavorato, qual è l’esperienza teatrale che più ti ha segnato?K.O. Un progetto
teatrale per la regia di Alessandra Cutolo in collaborazione con Carlo Luglio e
le musiche di Fabio Gargano. Nella messa in scena ci sono anche frammenti
di Giorni felici di
Beckett. Sono legato anche aL’opera di
periferia di Pasquale De Cristofaro. Vorrei diventare come
Toni Servillo, ho lavorato con lui una volta soltanto e mi ha trasmesso un
grande entusiasmo. Nel 2010, ero la guardia carceraria malmenata davanti
al contabile, Servillo, in Gorbaciof.
Uno dei progetti recenti
che più ti ha colpito?
Perpetuo Labile di Giorgio
Caruso. E’ un’indagine tra fiction e verità sui malati mentali e i medicinali
che somministrano loro.
Che rapporto hai con la
droga?La
odio! Ha ucciso tanti giovani. Non ne ho mai fatto uso.
Piangi qualche volta?Mai.
Non ti credo.Penso che un giorno,
prima o poi, qualcosa mi darà fastidio facendomi uscire delle lacrime.
Quando ti fermerai?Non mi fermerò mai.
di Filippo
Brunamonti
pubblicato il 26 agosto 2013
|
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pubblicato il 26 agosto 2013
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in AMORI
5 Commenti a “Sal –
Conversazione con l’attore Salvatore Ruocco”
Seguo tutti i tuoi successi.
Prima di essere un grande attore molto bravo, sei una persona di cuore. Mi
emoziona tanto leggerti su tutti i giornali.
Complimenti
Carmen
Salvatore è veramente
bravissimo, ha un talento innato. Complimenti bellissimo articolo.
Anita De Angelis
Quando un attore ė bravo esce
fuori non c’è niente da fare.
Ho visto alcuni lavori di questo
ragazzo, mi ha colpito di come riesce ad emozionare, a rendere il personaggio
credibile.
L’odore del successo lo
sento. Bravo
Bellissimo articolo,
Mauro Roma
Porta Napoli nel mondo Ruocco
Toro Scatenato. Tu sei un talento con gli occhi di Napoli.
Ale
Bella intervista. Una storia
emozionante.
G
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