Dalla casa di Antonio, che è curioso quanto me, il mese scorso ho visto il Vesuvio con le spalle innevate e ho scritto una poesia in lingua napoletana. Ho scritto lingua e non dialetto in quanto per me che la utilizzo dall'età di dieci anni per scrivere quello che mi nasce in testa, nel cuore o nell'anima non è più un dialetto, ma una lingua anche perchè dialetto non è la traduzione di lingua, ma è solamente un riduttivo.
Nell'immagine sottostante avverto un tratto del Rione San Marco con i giardini interclusi come respiri irrinunciabili che procurano le gioie delle stagioni che passano assieme a noie e sulla nostra pelle, nei colori sbiaditi delle case che la circondano e la rendono più vitale e intrigante.
Il Vesuvio si avverte. Qualcuno scrive che è da un po' di tempo che accenna a risvegliarsi. Speriamo il più tardi possibile.
Con la seconda immagine che pubblico ve lo propongo da più vicino in un attimo confidenziale, quasi a sfiorarlo, oltre il muro che delimita le proprietà confinanti fino a quanto il Vesuvio non se le riprenderà col le sue ceneri e i suoi lapilli.
L'odore dei rifiuti tenuti in casa è svanito anche se il cielo è grigio e non promette niente di buono se non quattro passi per arrivare al mare.
Nessun commento:
Posta un commento