La Biblioteca “Di Vittorio” aderisce e segnala:
Per una Società italiana di storia del lavoro istituire relazioni tra studiosi di diversa formazione, Censire le ricerche, promuovere la tutela archivistica, offrire sedi specifiche di dibattito e formazione...
Per una Società italiana di storia del lavoro istituire relazioni tra studiosi di diversa formazione, Censire le ricerche, promuovere la tutela archivistica, offrire sedi specifiche di dibattito e formazione...
Nel passaggio tra XX e XXIsecolo da più parti è stata dichiarata la crisi della categoria “lavoro”, quando non addirittura con grande enfasi la “fine del lavoro” tout court. Ciò è avvenuto su due differenti livelli, concettuale e storiografico:sul piano teorico‐concettuale, la crisi è apparsa sia nei termini di eclissi del lavoro come lo si era conosciuto all’alba della rivoluzione industriale e dell’espansione capitalistica,sia nei termini della conseguente impossibilità di restituire una visione complessiva e unificante sul terreno analitico;sul piano storiografico,si è manifestato un forte calo d’interesse peril lavoro e i lavoratori come oggetto di studio.Da più parti si è rimessa in discussione tanto la transizione novecentesca di paradigma storiografico (dalla storia politica delle classi dirigenti alla storia della società), quanto la “nuova” storia del lavoro,radicalizzando
ripensamenti già in atto lungo faglie interne al campo stesso della storia sociale.
Oggi,mentre si assiste ad una ripresa d’interesse per gli studi di storia del lavoro – sotto tale definizione ricomprendendo ambiti di ricerca pur molto diversi tra loro – la crisi di senso e di metodo delle discipline storiche permane.Nuovi equilibri si sono affermati e la transizione di paradigma è considerata da parti consistenti del campo storiografico una vicenda del passato, vale a dire superata o da superare: e con essa non solo le eccessive sicurezze della “storia economica e sociale”,ma la possibilità stessa di una conoscenza storica generale e strutturale. Il ritorno della storia politica tradizionale e la diffusione di una sensibilità “culturalista” sembrano aver sancito la definitiva emarginazione di oggetti che si vogliono desueti quali i lavoratori, le lavoratrici, le loro vite dentro e fuori i luoghi di lavoro, i loro movimenti e le loro organizzazioni.
Due elementi,tuttavia, portano a ridimensionare questa lettura dell’ultimo quarantennio storiografico: da un lato, la labour history continua a produrre nel mondo risultati di assoluto rilievo, anzi si diffonde nei contesti di nuova industrializzazione e accompagna le nuove ondate del conflitto che inevitabilmente si generano; dall’altro, anche in Italia, una nuova generazione di ricercatori e ricercatrici, cresciuta e maturata nel ventennio della “crisi” della storia, ha continuato, anche in virtù di una robusta inserzione nei dibattiti internazionali e di un dialogo interdisciplinare con le altre scienze sociali, a percorrere i sentieri della storia del lavoro.
Lungi dall’attraversare un’eclissi, dunque, dentro e fuori i confini nazionali la storia del lavoro sta assumendo i tratti di un’”area di interesse” di crescente rilievo. Le ricerche hanno di fatto realizzato un sostanziale ampliamento del proprio oggetto e delle strumentazioni di indagine, e hanno moltiplicato i punti di vista prospettici. Si tratta di un ampliamento di natura tematica (con l’estensione a forme e identità non legate al lavoro industriale dipendente e alle strutture sindacali di organizzazione), cronologica (con il superamento all’indietro dello steccato della prima rivoluzione industriale) e geografica (in una prospettiva transnazionale e che include i processi di mobilità dei lavoratori come costitutivi e strutturanti le condizioni stesse di lavoro).
Sono ormai maturate le condizioni di una rinnovata presenza e incidenza degli studi sul lavoro nel panorama della cultura e della storiografia italiana. Ma sono maturate in modo spesso disperso e frammentato,seguendo percorsi a volte individuali,frutto della vitalità degli stimoli a cui intendono dare risposta, e tuttavia in assenza di circuiti di ricerca organizzati, visibili e trasparenti, che consentano uno scambio proficuo di esperienze, progetti e risultanze in prospettiva di una loro circolazione.
È giunto il momento di istituire più strette relazionifra studiosi di diversa formazione,fraapprocci,sensibilità e metodi,fra generazioni diricercatori,fra le istituzioni ancora interessate a promuovere la conoscenza e la storia del lavoro: per promuovere una cooperazione effettiva c'è bisogno di un coordinamento, di uno spazio di confronto, discambio di informazioni, di discussione che sappia connettere imille rivoli in cuisi articola,spesso individualmente, una ricerca ricca e tutt’altro che residuale. Sitratta di costruire insieme un luogo d’incontro tra storici e al contempo tra studiosi del passato e di altrisettori delle scienze umane (dai giuristi agliscienziati
sociali, agli economisti), in cuisia possibilemettere a raffronto le reciproche acquisizioni, avviare scambi e collaborazioni, articolare emoltiplicare le prospettive conoscitive sul lavoro.
Nel tentativo di praticare una storia del tempo presente, di individuare e discutere le caratteristiche del mondo attuale in una dimensione temporale non schiacciata sull’attualità, ma che sappia però raccoglierne le domande, nonché valorizzarla e ricondurla nello spazio di una contemporaneità lunga.
Per questo lanciamo l’idea della formazione di una Società italiana di storia del lavoro, una forma associativa ampiamente diffusa nell’area di lingua inglese. Il fine principale resta quello di mettere in comune le diverse esperienze: nell'era di Internet l’incontro potrebbe sembrare scontato,ma il mezzo tecnico non è sufficiente senza il momento organizzato, che potrebbe fungere da catalizzatore di una crescita collettiva del sapere, improntato alla condivisione, alla collaborazione, allo scambio reciproco. Censire le ricerche, promuovere la tutela archivistica, offrire sedi specifiche di dibattito e formazione, intensificare lo scambio internazionale, mettere in relazione metodi, interpretazioni,fonti,facilitare la comunicazione pubblica dei risultati delle ricerche storiche:sono questi alcuni dei principali compiti che una Società potrebbe assolvere, valorizzando l’esperienza degli studi o si maturi e offrendo spazi di crescita a studenti, dottorandi, giovani ricercatori.
Marzo, 2012
Promuovono:
Luca Baldissara (Università di Pisa),
Lorenzo Bertucelli(Università di Modena e Reggio Emilia),
Andrea Caracausi(Università di Venezia),
Tullia Catalan (Università di Trieste),
Laura Cerasi(Università diGenova),
Giovanni Contini Bonacossi (Soprintendenza Archivistica Toscana, Firenze),
ChristianG.De Vito (International Institute of SocialHistory, Amsterdam),
Ferdinando Fasce (Università diGenova),
Giovanni Favero (Università di Venezia),
Marco Fincardi(Università di Venezia),
StefanoGallo (Università di Pisa),
Giovanni Levi(Università di Venezia),
Stefano Musso (Università di Torino),
MicheleNani(Istituto di Storia dell'Europa Mediterranea ‐ CNR,Genova),
Ilaria Pavan (ScuolaNormale Superiore, Pisa),
Santo Peli(Università di Padova),
Stefano Petrungaro (InstitutfürOst‐und Südosteuropaforschung, Regensburg),
Michela Ponzani(Istituto storico germanico, Roma),
Giovanni Ruocco (Università “La Sapienza”, Roma)
Devi Sacchetto (Università di Padova),
Simone Selva (Fondazione Claudio Sabattini, Bologna),
Marica Tolomelli(Università di Bologna),Jorge Torre Santos(Università di Milano),
Ariella Verrocchio (Istituto Livio Saranz, Trieste).
Per aderire scrivere a storialavoro@email.it
Indicando nome, cognome, eventuale istituzione, città
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