Coronavirus, come attacca le cellule: scoperto nuovo modo
Due studi dell'Istituto italiano di tecnologia hanno osservato che il Sars-Cov-2 riesce a entrare nella cellula in due modi, aprendo a nuove ipotesi
Il coronavirus Sars-Cov-2, per sopravvivere e
replicarsi, attacca le cellule umane. Oltre alla via già nota del recettore
Ace2, due studi dell’Istituto italiano di tecnologia su Arxiv hanno
scoperto un nuovo modo in cui il virus penetra nelle cellule: lo fa attraverso
il recettore dell’acido sialico, che si trova nei tessuti delle
alte vie aeree, analogamente al virus della Mers.
Coronavirus, come
attacca le cellule per replicarsi
Dopo essere entrato nella cellula, il virus sfrutta alcune proteine per
replicarsi, alcune delle quali sono in comune con il virus dell’Hiv. Questa
scoperta può quindi aprire a nuove strade nella ricerca dei farmaci.
Come riporta l’Ansa, gli studi non sono ancora stati approvati dalla
comunità scientifica. Ma Giancarlo Ruocco,
direttore del centro Iit di Roma, ha rivendicato il
traguardo: “Abbiamo sviluppato un nuovo modello predittivo per capire come
le proteine sulla superficie del virus interagiscono con i recettori umani”.
I ricercatori hanno esaminato le interazioni della proteina Spike,
grazie alla quale il virus si attacca al recettore Ace2 (lo stesso preso come
bersaglio dai farmaci sartani e anti-ipertensivi), e hanno osservato la sua
capacità di rimanergli legata. Gli studiosi hanno così scoperto che questa sua
caratteristica era molto inferiore a quella del virus della Sars.
Ed è così che i ricercatori hanno avanzato l’ipotesi che fosse coinvolto un
altro recettore. “Abbiamo così scoperto che per entrare nella cellula – ha
precisato Ruocco – il virus Sars-Cov-2 si serve anche dell’acido sialico,
presente nelle alte vie respiratorie, e usato dal virus Mers“.
Coronavirus, le
conseguenze della scoperta
I risvolti di questa scoperta potrebbero avere implicazioni sul livello
di contagiosità del coronavirus Sars-Cov-2, e sulla sua letalità:
in base alle due diverse “entrate”, infatti, potrebbe cambiare anche l’entità
dell’infezione.
Ruocco ha precisato con
cautela: “Ciò potrebbe chiarire perché ci sono tanti casi asintomatici ma
questa è solo un’ipotesi, che deve essere confermata, come i risultati dello
studio”.
Gian Gaetano Tartaglia dell’Iit di Genova, a margine di una ricerca
parallela, ha osservato come agisce il virus dopo essere
entrato nella cellula per il processo di replicazione. Tartaglia ha spiegato:
“Abbiamo così visto che oltre a servirsi di alcune proteine già note e in
comune con altri virus, ve ne sono altre specifiche. Di queste ultime, una
decina sono condivise con il virus dell’Hiv”.
Per i ricercatori, dunque, è opportuno “provare a usare, tra gli antivirali
sviluppati in questi anni per l’Hiv, quelli che agiscono in modo mirato
su queste proteine. Anche in questo caso i dati devono essere confermati, e
speriamo che questa nostra pubblicazione faccia da passa parola scientifico e
ci faccia arrivare commenti utili per capire”.
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